Ultimo aggiornamento:  9 Giugno 2022

Alla scoperta delle Pupelle di Velletri con Rita Menghini

Le pupelle di Velletri sono una interessante novità nella vita culturale cittadina. Manufatti, che abbinano tradizione, cultura e arte, di cui si occupa come un'artigiana della storia Rita Menghini, già nota per il suo impegno attivo con La Storica Officina e con gli Sbandieratori e Musici di Velletri. Per conoscere meglio sia la storia delle pupelle che il messaggio da esse veicolato abbiamo fatto una lunga e stimolante chiacchierata con Rita, entrando in un mondo nuovo e di sicuro interesse per tutti.

Partiamo dalla descrizione che c’è di te sul sito ufficiale delle “Pupelle”: “Amo la famiglia, la natura, la creatività, il legno e i tessuti in modo particolare ... Amo comunicare e condividere ed anche passare il filo della memoria nel tessuto prezioso della Storia; le tradizioni e tutti quei beni culturali immateriali che costituiscono il tesoro di un territorio. Amo anche riciclare, usare colori e materiali vari, mixare generi di artigianato”. È già un manifesto programmatico, per dirla con termini istituzionali...

Sono io. Si, è un po’ il mio manifesto di vita, anche se poi c’è anche una parte bianca, ancora da scrivere, che resta sempre aperta allo stupore e a nuovi progetti. Dice di un’apertura alla vita con fantasia, della voglia di comunicare e raccontare (anche per trascorse esperienze nel mondo dello spettacolo); condividere, passando per studio, ottimizzazione e riciclo, l’amore per la Storia e le tradizioni. Dice dell’amore per la bellezza ed i rapporti umani, anche se, realisticamente detto, non sempre facile di questi tempi in cui la crisi e certe dure prove portano ad esasperare gli ego e a mantenersi su isolotti, più che sentirsi ed operare per essere continenti. Tempi di edonismo e disattenzione per l’essenziale della vita. Personalmente ritengo la creatività un bel dono, non per estraniarsi, ma per coltivare la positività e il senso dell’armonia.

Cosa sono le “pupelle” e da dove nasce questa tradizione?

Le pupelle sono un modo di visualizzare ciò che si è, in un territorio; di narrarlo e condividerlo. Alcune hanno, nell’ampia gonna, un diorama con piccole stampe della città, sullo sfondo o comunque una tridimensionale scenografica ricostruzione. Sono manufatti con un’anima di legno ed altri materiali, rivestiti di storia, tessuti, tradizioni, parole e oggetti che possono ricordarci chi siamo o raccontare chi sia e sia stata la nostra Città. Le fonti da cui attingo sono stampe, quadri, incisioni, testi o racconti dei nostri appassionati concittadini Roberto Zaccagnini (libreria Numero 6) o Bruno Pallotti, storico barbiere in piazza Dabballe (Mazzini). Una identità riconosciuta e condivisa è fondamentale, per costruire comunità; indispensabile per comunicarsi agli altri e poterli accogliere, per poi magari anche dialogare, fra entità diverse e uniche per bagaglio culturale, storia e tradizioni, appunto. La mia attività principale di rievocatrice storica mi porta ad incontrare tante storie, tradizioni e realtà piene di vita, anche ‘semplicemente’ contadine o di poche migliaia di persone, che durante l’anno con progettualità condivisa mantengono l’identità stessa vitale ed accogliente. Non dimentichiamo che siamo il Belpaese e che potremmo vivere di sola cultura e turismo! Sto giusto leggendo in questo periodo - fra una commissione e l’altra - il libro di Dario Franceschini “La cultura non paga”. Interessante e pieno di spunti. Per quanto riguardi la nascita della tradizione della pupella, non c’è nessuna presunzione di diventare ‘emblema’; solo tentativo di narrare, rendere visivo lo spirito che anima questo luogo, e condividerlo, soprattutto a causa di tutte quelle persone che nel tempo ho sentito richiedere souvenirs locali o ‘più’ informazioni, quando ho prestato servizio nei locali musei. Molti di loro, allievi carabinieri in fase di formazione nella eccellente, storica Scuola locale …

Fra le tante “pupelle” ce ne sono alcune particolari: quella dei proverbi, quella sportiva, quella storica. Ognuna porta con sé una storia, una simbologia?

Certo! I dialetti, i proverbi, i soprannomi … sono cultura locale. Sono memoria. Trovo divertente e bello le giovani generazioni possano conoscerli e riconoscersi nell’umorismo e nel modo di comunicare dei loro avi. Alcuni, poi, sono esilaranti. Le pupelle sportive, come già avvenuto per alcuni amici dal fisico molto più in forma del mio e impegnati in associazioni sportive, sono un modo per celebrare l’importanza dell’attività fisica e gli eventi sportivi stessi. E’ avvenuto di recente anche poter celebrare un prodotto locale eccellente, l’Olio EVO del nostro territorio accompagnato dal pane di Velletri, che ha ottenuto sia il riconoscimento di prodotto De.Co, sia il riconoscimento del Marchio Collettivo Geografico (M.C.G.) - in evento di due giorni nella storica e magica location della ex Cantina Sperimentale ed i premi per il contest fra produttori oleari sono state proprio due pupelle tematiche, bucoliche figure femminili con richiami, acconciature e cesti ridondanti di olive. Beh, per quanto riguardi la pupella storica… c’è bisogno di dirne? Da oltre dodici anni mi occupo di medioevo e rinascimento, ne studio le epoche, le danze, gli usi e i (letteralmente) costumi. Da responsabile di Corteo Storico per l’associazione Sbandieratori e Musici di Velletri, devo dire che è una grande passione che non posso non trasporre nelle pupelle storiche, che raccontano, anche loro, come ci si abbigliasse nelle epoche d’oro cittadine. Passare il filo della memoria nel tessuto prezioso della Storia.

Quando hai iniziato a realizzare questi manufatti?

In effetti, in questi anni ho dato spesso vita a diversi personaggi: tamburini, sbandieratori, presepi (uno è stato donato alla Polizia di Stato), bambole con palcoscenico ricavato nelle gonna (i diorami cui accennavo sopra), allegorie per i nostri cortei o qualche evento particolare di amici, scenografici vassoi di compleanno cartonati per i miei figli ai tempi della scuola primaria … Ora che l’impegno si allarga alla narrazione della Città e delle sue peculiarità condivisa con l’Ecomuseo della Terra amena – Velletri Museo Diffuso, ritenendo molto importante la sinergia, mi sembra ancora più bello poter raccontare un territorio per immagini e manufatti. La tanto predicata sinergia tanto difficile da portare avanti, se si resta tutti isole a sé stanti e bastanti. Le pupelle come entità precisa locale, però, si concretizzano nei tempi della reclusione forzata da pandemia. La pagina social di allora resta come faro progettuale per diverso tempo, poi si anima…poco a poco, di manufatti e visitatori. 

Quanto tempo ci vuole per creare ogni singola pupella e qual è il procedimento?

Dipende… Dipende dal tema: se ‘semplice’ costume tradizionale, Special Edition – Madonna delle Grazie, Festa delle Camelie, dell’Uva, etc - o commissione personalizzata, riproduzione da foto di nucleo familiare o persona cara, bomboniera, orologio in legno con immagine a scelta, trasferimento foto su legno, fiaba o storia o aforisma in mini-teatrino o targa legno, o altro. L’offerta è nutrita ed ascoltare i desideri di chi commissioni una pupella o un elaborato-pupella fa parte del (mio) gioco creativo. Ovvio che più esemplari siano da realizzare, con cura!, più tempo sia necessario, ma diciamo che tra uno e tre giorni e senza intoppi di… gatto, imprevisti vari, bruciature da colla a caldo (rido!), macchina da cucire in panne etc, ce la si possa fare.

Qual è l’obiettivo che quest’esperienza può veicolare a livello culturale?

Credo, senza pretesa, poter dire che le umili, piccole gocce possono formare laghi e mari meravigliosi per futuri scenari di territori dagli orizzonti rosei di bene comune, se non inquinate da egocentrismi, manie di protagonismo, improvvisazioni o strumentalizzazioni. Cultura è ciò che siamo stati, ciò che abbiamo approfondito con studi, l’insieme di conoscenze ed esperienze di chi ci ha preceduto, con le nostre in aggiunta; è orgoglio e senso sano di sé, in un obiettivo, sano campanilismo. Essere veicolo comporta avere qualcosa da … tras-portare, portare oltre, portare a qualcuno. Se si hanno mani per accogliere, padiglioni auricolari per ascoltare il grido di territori che agonizzano, magari qualcosa… arriva. 

Fra le collaborazioni, sul sito delle Pupelle si trova quella con l’Ecomuseo della Terra Amena. In che modo si svolge tale sinergia?

In modo naturale, con intenti e visione comune. Con la coordinatrice e fondatrice dell’Orto del Pellegrino, dottoressa Silvia Sfrecola Romani, ho già collaborato in passato, nella Piazza dei Bambini, settore storico e scuola di bandiera, e con Sbandieratori e Musici di Velletri e il mio settore creativo-storico La Storica Officina partecipiamo con interesse, stimolo e gioia al collaboratorio di progettazione partecipata più vasto che si sta venendo a creare, pur senza qualche ostacolo o malcelata rivalità o recriminazione, preciso esterne. ‘Un patto di comunità che ha come obbiettivo la conoscenza, la tutela e la narrazione condivisa, partecipata, attiva e responsabile dei luoghi’. Mi piace.  Raccontiamo le nostre esperienze, i nostri incontri passati in giro per l’Italia delle tradizioni e della Storia rievocata, per quanto possibile filologicamente considerate le spese affrontate in autonomia (senza cioè finanziamenti come spesso accade in altri territori) per materiali e realizzazione di apparati come gli originali d’epoca. Raccontiamo che Carlo VIII di Valois passò per e soggiornò in Velletri, nelle prime fredde settimane del 1495, nell’ambito delle disastrose Guerre d’Italia del XVI sec, e che la Città rischiò saccheggio e messa a fuoco da parte delle possenti e innovative truppe francesi, in seguito alla fuga notturna del nobile ostaggio Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI. Ogni anno un evento creato e organizzato dall’Ass.ne Sbandieratori e Musici, lo ricorda: Anno Domini 1495 – il passaggio di Carlo VIII a Velletri. Tornando alle pupelle, il manufatto del Pellegrino della Via Francigena ha così incontrato i nostri concittadini durante la narrazione dell’Ecomuseo in un recente evento cittadino e il piccolo Goethe – come ormai lo chiamiamo nello stesso – accompagna le trattazioni e la narrazione stessa di Silvia o di altri nostri narratori della terra amena* che è la nostra Velletri, partendo anche dalla tappa veliterna di Johann Wolfgang Goethe, durante il suo memorabile Gran Tour. La citazione è “Assai amena la posizione di Velletri che sorge su una collina volcanica, la quale verso tramontana soltanto trovasi unita alla catena di cui fa parte; dagli altri tre lati, ha libera la vista sulla pianura”, di J.W. von Goethe, Viaggio in Italia, 1787.

Sei sempre stata un baluardo a difesa della storia di questa città, delle sue tradizioni, della rappresentanza e dell’orgoglio: cosa spinge un amore così viscerale verso le radici della nostra terra?

Ricordi la chiosa di un nostro precedente incontro? Cosa mi augurassi per il futuro di Velletri…
La primavera cittadina sognata… Un auspicato, effettivo rinascimento; un rinnovamento culturale e sociale. Per ri-trovare un senso, quello dai valori letterari, filosofici, morali ed estetici che avevano permeato allora l’intera società. Rimettere al centro di ogni cosa l’Uomo. La vicina Albano, tanto per citare una comunità attiva e con visione, iniziò tempo fa questo percorso e ci chiamò per animare eventi, non avendo risorse storiche attive in quel momento. Non è certo il caso di Albano, ricca di tanto e con tanta Storia, ma spesso - sempre per esperienza diretta di anni di scambi culturali con altri territori nazionali – chi ha storia la ignora, chi non ne ha se la inventa. Ti faccio una confidenza: non sono nativa, ma in oltre trentacinque anni di vita su questo territorio ho scoperto ed imparato ad amare ogni elemento di quello straordinario scrigno di tesori di famiglia veliterni che spesso dimentichiamo di esibire e far conoscere con dignità e orgoglio. Ho sposato un veliterno che ci ha lasciato troppo presto e qui sono cresciuti tre figlioli, impegnati anche loro in ambito storico, il maggiore dei quali è ora presidente degli Sbandieratori e Musici, eredità di suo padre, sbandieratore e fondatore. Si, è un amore che lentamente si è fatto viscerale e da difendere. Le radici in terra di vitigni restano, fra Velletri e Frascati, ma ora la mia terra è Velletri, fra viticci e tralci, cacchi e polloni.

Quali sono stati i riscontri della cittadinanza e dei curiosi quando hai cominciato a raccontare la storia delle pupelle e a postare le foto sui social?     

Devo dire che pensavo la pupella mariana avrebbe avuto un certo successo, ma l’accoglienza riservata alle Special Edition mi ha colpito molto e scaldato il cuore. Più che i costumi tradizionali che si, sono stati ben accolti e richiesti, la pupella della Madonna delle Grazie, con diorama ed immagine sacra fra le mani del personaggio, continua ad avere richieste. Destinatari anche malati e persone in altri paesi del mondo. In rete, oltre che nei social, sono presente con un blog col quale cerco di comunicare maggiormente e narrare e illustrare i manufatti e da quali sentimenti nascano. In un mondo iper-veloce e materialistico quale quello in cui viviamo, fatto veramente e sempre più di immagini e sempre meno di contenuti, e di tempo (o voglia?) di leggere, devo dire che il riscontro maggiore sia nei social. Per questo credo che, anche come attività di Ecomuseo, magari proporrò delle visite per appuntamento per vedere la mia Officina pluriattività creative, mentre si stanno per concretizzare in alcune scuole appuntamenti dimostrativi di tradizione e produzione di pupelle, sempre in ambito eco-museale. Spero venga recepita la possibilità di personalizzazioni e commissioni, con tecniche che consegnano ricordi, momenti, persone e pensieri particolari, in modo nuovo. Qualcuno ha detto che le pupelle in legno non siano ‘le tradizionali’, pur avendo l’abito ripreso da fonti storiche e folcloriche locali. L’identità è una, poi la pupella può essere di legno, ceramica, ricamata, in cartapesta, dipinta, ma… la pupella siamo sempre noi. Noi comunità, noi passato, noi presente, noi futuro. Benedetto Croce scriveva (mi sia concessa una citazione): “La cultura storica ha il fine di serbare viva la coscienza che la società umana ha del proprio passato, cioè del suo presente, cioè di se stessa. Ecco. Il passato è stato un presente. Noi, ora, siamo presente e saremo passato, in un tempo a venire. Un saluto da tutte le pupelle! W Velletri!

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