Autovelox: ancora la Cassazione sulla necessità della taratura periodica

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L’esito positivo del collaudo e delle verifiche di funzionalità effettuate sulle apparecchiature di misurazione della velocità non hanno la stessa finalità della taratura e non sono sufficienti per la validità delle sanzioni amministrative. L’impiego di tali dispositivi, è subordinato alla esecuzione con esito positivo della loro taratura annuale, che “ove risulti omessa o non periodicamente effettuata, determina l’illegittima comminatoria della sanzione elevata a sensi dell’art. 142 del Codice della Strada ( D.lgs. n. 285/92)”. 

È bene fare un po’ di chiarezza su come si è arrivati a questa situazione.

FATTO DECISIVO

Evento iniziale decisivo è la sentenza della Corte Costituzionale, n. 113 depositata il 18 giugno 2015, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del Codice della Strada, “nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura”.

Alla dichiarazione di incostituzionalità, aveva fatto seguito un cospicuo incremento del contenzioso, incentrato sulla mancata verifica annuale, insieme ad ulteriori motivi basati sulla visibilità delle postazioni di controllo e sulla relativa segnaletica di preavviso. Era trascorso un biennio quando dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è stato emesso il D.M. n. 282 del 13 giugno 2017 che detta regole sulle verifiche, sia iniziali che periodiche, preordinate alla funzionalità e taratura delle apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità, nonché sulle modalità di segnalazione delle postazioni di controllo presenti in strada. 

A proposito del fatto che la taratura e le verifiche di funzionamento siano da effettuare con cadenza periodica non superiore ad un anno, all’articolo 2 stabilisce: Tutti i decreti di approvazione del prototipo, ove non già previsto, devono intendersi modificati con l’aggiunta del seguente periodo: “il presente dispositivo/sistema, per l’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità, deve essere sottoposto a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura con cadenza almeno annuale””. Una norma, a carattere generale incidente su tutte le norme esistenti in materia.

A seguito di tale regolamentazione, nella disamina di un verbale per eccesso di velocità, è diventato rilevante verificare che sia riportata la data di taratura dell’autovelox.  La mancanza di tale indicazione o la circostanza che la taratura risulti risalire a più di un anno dalla data di accertamento dell’infrazione rappresenterebbe motivo per far valere illegittimità della sanzione. Ma c’è di più, perché l’indicazione della data di verifica, per la Cassazione, non può essere considerata una attestazione “fidefacente”. Secondo la suprema Corte, “non rivestendo fede privilegiata l’attestazione contenuta nel verbale, in caso di contestazione sull’affidabilità dell’apparecchio, l’Amministrazione deve fornire la prova positiva dell’iniziale omologazione e della successiva periodica taratura dello strumento”. L’effettuazione della verifica “dev’essere dimostrata o attestata con apposite certificazioni di omologazione e conformità, non potendo essere provata con altri mezzi di attestazione o dimostrazione del loro corretto funzionamento” (Cass. n. 10463 del 2020; Cass. n. 14597 del 2021; Cass. n. 6579 del 6 marzo 2023)

La Cassazione ha pure specificato che la taratura deve essere effettuata da un apposito ente certificatore e non dal soggetto privato che ha installato lo strumento (Cassazione n. 14109/2021)

CASO ESAMINATO

Il caso arrivato in Cassazione, per una infrazione commessa nel 2018, prende l’avvio dalla notifica al guidatore, da parte dell’amministrazione comunale competente, di un verbale con le relative sanzioni amministrative, tra cui la sospensione della patente per sei mesi, relativo all’accertamento, effettuato tramite autovelox, del superamento dei limiti di velocità imposti in quel tratto di strada. L’atto notificato veniva impugnato, ma il Giudice di Pace riteneva regolarmente accertata la violazione del limite di velocità e confermava la sanzione imposta

Il guidatore proponeva appello confutando il fatto di aver superato il limite di velocità imposto nel tratto stradale interessato e insistendo sul non corretto funzionamento dell’apparecchio rilevatore non sottoposto a verifica da oltre un anno. Il Tribunale confermava la decisione assunta dal primo giudice, in quanto “l’apparecchio aveva superato il collaudo e le verifiche successive e la contestazione sul corretto funzionamento dell’apparecchio proposta dall’appellante era del tutto generica e sprovvista di prova”.

Con il ricorso proposto dinanzi alla Corte, il ricorrente ha anzitutto messo in evidenza come a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale e del DM 282/2017, sia stato imposto il controllo annuale della taratura del misuratore di velocità. In relazione a tale obbligo, il ricorrente ha evidenziato come “Al momento della supposta infrazione, (…) lo strumento di rilevazione della velocità non risultava sottoposto a taratura periodica, in quanto il certificato riportato nel verbale risultava scaduto, ragion per cui il verbale e tutti gli atti conseguenti andavano annullati”

Il Comune, pertanto, per assolvere al proprio onere probatorio era obbligato a “fornire la prova della sussistenza degli elementi che attengono alle modalità di accertamento e dunque alla taratura dell’apparecchio rilevatore”

In queste situazioni, prosegue il ricorrente, il Giudice, ha “il potere-dovere di verificare la legittimità formale e sostanziale della pretesa sanzionatoria, controllandone l’intrinseco fondamento, sia sul piano dell’esistenza storica dei fatti, sia sul piano della qualificazione giuridica”.

La Cassazione, con ordinanza, 30 Ottobre 2023, n. 30126, ribadendo che l’impiego dei dispositivi, delle apparecchiature e dei mezzi tecnici per l’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità, sono soggetti alle disposizioni del DM n. 282 del 2017 che prevede la taratura annuale e per quelli in regola alla data di pubblicazione del decreto “dalla prima taratura successiva e comunque entro un anno dalla sua pubblicazione”, ripercorrendo “il contenuto delle contestazioni formulate dalle parti e gli eventi storici che hanno caratterizzato la vicenda in esame”,  evidenzia come “risulta incontestato che al momento dell’accertamento dell’infrazione era decorso un anno dalla pubblicazione del decreto senza che l’apparecchio fosse sottoposto a nuova taratura dopo quella dell’aprile del 2017”.

In ragione di tali circostanze, accoglie il ricorso e condanna il Comune al pagamento delle spese processuali.

MULTA ILLEGITTIMA: CHE FARE?

Nel caso in cui arrivi una multa autovelox, ove non si decida per il pagamento nel breve termine per usufruire dello sconto del 30% in quanto si ritenga illegittima, si può fare ricorso al Giudice di Pace oppure al Prefetto, fornendo dati oggettivi, motivazioni e prove evidenti che rendano almeno probabile, l’annullamento della sanzione. Una volta ricevuta la notifica della multa, si avranno 30 giorni per presentare ricorso al Giudice di Pace del luogo in cui è avvenuta l’infrazione

Tale procedura non richiede necessariamente l’intervento di un avvocato si può eseguire in autonomia tramite raccomandata A/R alla cancelleria del giudice, pagando il contributo unificato di 43 euro e la marca da bollo di 27 euro.

Un altro modo per contestare la multa autovelox, in questo caso gratuitamente, consiste nel fare ricorso al Prefetto del luogo in cui è stata commessa la violazione, inviandolo entro 60 giorni dalla notifica, con raccomandata A/R all’organo di Polizia che ha elevato il verbale oppure direttamente al Prefetto stesso.

Il ricorso è da considerarsi accolto se entro 180 giorni dall’invio alla Polizia, o 210 giorni al Prefetto, non si riceve risposta. Nel caso di rigetto, viene notificata un’ordinanza di condanna a una sanzione pari al doppio di quella irrogata in fase di accertamento. Tuttavia, è possibile fare un nuovo ricorso al Giudice di Pace nei 30 giorni successivi.