Ultimo aggiornamento:  12 Novembre 2022

Caduta per un tombino mal posizionato: il Comune deve risarcire?

Capita frequentemente che un pedone cada riportando danni per una buca, un avvallamento, un tombino mal posizionato o altre anomalie. Molti pensano che, quasi sicuramente, fornendo delle semplici prove potranno ottenere un risarcimento. In molte circostanze non è così perché, nel caso di azione giudiziaria, non sempre l’Ente che ha la strada in custodia viene ritenuto responsabile. Nessuna responsabilità quando l’anomalia che ha causato la caduta risulti ben visibile ed evitabile mediante un “comportamento ordinariamente diligente” da parte del danneggiato. La vicenda di seguito descritta può essere un esempio paradigmatico di come la via giudiziaria sia incerta, lunga e tortuosa. I chiarimenti della Cassazione.     

LA VICENDA

Una donna cita in giudizio, davanti al Tribunale di Lamezia Terme, il Comune chiedendo il risarcimento dei danni causati dalla caduta per essere inciampata in un tombino dissestato e ribassato rispetto alla sede stradale, non visibile e non segnalato. Il Giudice di primo grado accoglie parzialmente la domanda, riconoscendo il concorso di colpa della danneggiata nella misura del 30%. Condanna il Comune a risarcire alla donna Euro 2.2027,56. Il Comune appella la decisione invocando l’esimente del caso fortuito e la Corte d’appello, con sentenza del 17 aprile 2018, accoglie l’appello.

Secondo il giudice di secondo grado la condotta negligente della danneggiata era, “desumibile per presunzione dalla agevole visibilità della situazione di fatto con l’ordinaria diligenza”, quindi doveva considerarsi applicabile la previsione dell’articolo 2051 del Codice civile, fatta valere dal Comune appellante, secondo cui “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Per la Corte di merito, il fatto che la danneggiata non avesse usato l’ordinaria diligenza, era “desumibile dall’agevole “avvistabilità” dello stato dei luoghi, in zona ben nota alla medesima danneggiata”.Quindi nessun collegamento poteva esserci “fra l’esistenza del dislivello di pochi centimetri – da un solo lato del tombino – e la caduta, dovendosi qualificare come fortuito il comportamento tenuto dalla danneggiata in prossimità di un tombino che di per sé doveva costituire per l’utente della strada motivo di maggiore attenzione”.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La donna che aveva subito il danno, ha proposto ricorso in Cassazione e la suprema Corte, con sentenza 26 ottobre 2022, n. 31702, ha ritenuto la sentenza impugnata criticabile perché contraddittoria in quanto basata su affermazioni inconciliabili. Infatti, mentre da un lato si riconosce l’esistenza di un lieve avvallamento, dall’altro si dice che l’anomalia era ben visibile. Se l’avvallamento era lieve e quindi non rilevante, come faceva ad essere percepibile e ben visibile da parte del pedone?

La Corte di Cassazione, dato per assodato che quanto più l’anomalia è evidente e ben visibile,tanto più si può imputare al danneggiato la responsabilità per un comportamento imprudente fino a sostenere che la caduta non può avere nessun collegamento con l’irregolarità stradale, così conclude: “è viziata da motivazione apparente e contraddittoria la sentenza che, pronunciandosi sulla domanda di risarcimento ex art. 2051 c.c., contestualmente affermi che il vizio della cosa era lieve e che lo stesso risultava facilmente percepibile dal danneggiato”. In altre parole, per i giudici di legittimità, se l’anomalia non era rilevante, il rischio non poteva essere facilmente percepibile dalla donna. Viceversa, se l'anomalia fosse stata visibile e rilevante allora sarebbe stato ben vero che se l’infortunata avesse prestato la dovuta attenzione, avrebbe dovuto percepirla e quindi sarebbe stata passibile di addebito di responsabilità della propria caduta. Per questi motivi, la sentenza impugnata è stata cassata e la causa rinviata alla stessa Corte d’Appello in diversa composizione affinché risolva la contraddizione

COS'E' L'INSIDIA STRADALE?

La giurisprudenza maggioritaria suole indicare con la locuzione “insidia stradale”, l’anormalità che giustifica l’esborso di un risarcimento da parte dell’Ente pubblico proprietario, in quanto soggetto ad una responsabilità oggettiva. Deve trattarsi di una anomalia della strada o del manto che costituisce un pericolo occulto, non visibile, né evitabile dal pedone, o dal guidatore. Quindi, per ottenere il risarcimento il danneggiato deve provare: l’esistenza di una anomalia della zona interessata, oggettivamente non visibile, costituente un pericolo non prevedibile e quindi evitabile.  Pertanto, l’insidia “risarcibile” deve essere caratterizzata dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva e della non prevedibilità del pericolo. Non finisce qui, perché il danneggiato deve dimostrare: l’evento; il danno subito; la sua quantificazione; il collegamento tra l’evento e il danno subito (nesso causale). Questo perché, come più volte ribadito dalla giurisprudenza “la presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia non si applica agli enti pubblici ogni qual volta il bene, per le sue caratteristiche (estensione e modalità d’uso) sia oggetto di un’utilizzazione generale e diretta da parte di terzi, che limiti in concreto le possibilità di custodia e vigilanza sulla cosa”. Per questo, “l’ente pubblico può essere ritenuto responsabile per i danni subiti da terzi a causa di una insidia stradale soltanto quando l’insidia stessa non sia visibile, e neppure prevedibile” (Cass. del 19.06.2015 n.12802)

CASO FORTUITO

 L’Ente tenuto alla custodia potrebbe dimostrare che l’alterazione costituente insidia è dovuta al caso fortuito. Un evento naturale, o comunque assimilato, verificatosi in modo del tutto inatteso, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile, nemmeno con l’uso dell’ordinaria diligenza. Ovviamente, non è sostenibile il caso fortuito e l’assenza di una colpa omissiva, per un infortunio dovuto ad un’insidia stradale che sia stata più volte segnalata dai cittadini. Secondo un filone giurisprudenziale ormai consolidato, del quale fa parte la decisione della Corte d’Appello commentata, il caso fortuito può essere integrato anche dalla condotta colpevole del danneggiato. Quindi, non soltanto dagli eventi naturali o dalle azioni poste in essere da soggetti terzi rispetto alle parti in causa.

CONCLUSIONI

Quanto al risarcimento dei danni da insidia stradale, sia di pedoni che di automobilisti, già in precedenza la Cassazione aveva chiarito che “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente richieste in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi la responsabilità del comportamento imprudente del medesimo, fino a rendere possibile che detto comportamento elimini la responsabilità dell’ente proprietario”. (Cass. 23.12.2020 n.29435/2020). Come dire: tanto più evidente e macroscopica è l’anomalia, tanto più difficile è ottenere il risarcimento.

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