“Campanili e minareti”

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Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti (Mc 9,2–10).

Commento

Fu trasfigurato davanti a loro.

Gesù subì un mutamento nelle vesti e nel corpo. Qui riscontriamo come l’evento sia in realtà inesprimibile e come il linguaggio degli evangelisti sia inadeguato: Matteo parla di “vesti candide come la luce”, Marco le descrive “splendenti, bianchissime, quali non le potrebbe rendere nessun lavandaio sulla terra”, Luca le definisce semplicemente “sfolgoranti”. I tre racconti tentano all’unisono di descrivere Gesù come fosse la fonte della luce.

Pietro disse a Gesù.

Gesù aveva incominciato ad annunziare la sua passione e risurrezione, aveva iniziato a parlare apertamente ai suoi discepoli della missione che lo attendeva a Gerusalemme.

L’umanità di Pietro non comprende il significato profondo di questa scelta di Dio, egli vuole trattenere Gesù, farlo desistere dal suo impegno. Ancora una volta la logica umana si scontra con il pensiero di Dio. Non è in gioco un interesse particolare; è in gioco la vita; pertanto, colui che vuole essere discepolo, «rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.» (Mt 16,24–25)

Venne una nube che li coprì con la sua ombra.

Sullo sfondo del racconto vi è una nube avvolgente, una nube simbolo della presenza di Dio, di Dio che è sceso, si è avvicinato agli uomini, e tuttavia resta nascosto, Santo, separato dal mondo. Questa nube, che sul monte indicava la dimora di Dio, nell’evento della trasfigurazione viene a testimoniare che Dio è presente e proietta la sua ombra sui personaggi di quell’esperienza. Questa è dunque la risposta alle parole di Pietro: non tre capanne fatte da mano d’uomo, ma una nube, la nube dove dimora Dio. La realtà ultima e definitiva ci fa riflettere ulteriormente: non più una capanna, non più un Tempio, non più la Sancta Sanctorum, perché la Dimora–Presenza di Dio è in Gesù Cristo. Dirà Gesù alla samaritana: «Donna, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito (cioè nello Spirito Santo) e nella Verità (che è Gesù Cristo)» (Gv 4,23).

Passano i secoli e le diatribe tra credenti continuano senza tregua nello stabilire quali debbano essere gli spazi fisici, dove adorare ciascuno il proprio Dio. Gli ebrei continueranno a costruire le sinagoghe a ridosso delle moschee, i musulmani innalzeranno nuovi minareti sui cieli dove svettano già i campanili delle cattedrali e i cattolici metteranno bandierine ovunque, pur di prevalere con i loro santuari e le loro devozioni su ogni altro tipo di sentimento religioso.