Caravaggio ad Ariccia, alla scoperta de “La presa di Cristo” esposta a Palazzo Chigi
Si estende nei piani più alti del Palazzo Chigi di Ariccia il progetto espositivo Caravaggio. La presa di Cristo dalla Collezione Ruffo, che vede protagonista la magnifica opera del Merisi esposta per la prima volta dopo oltre settanta anni. La mostra, a cura di Francesco Petrucci, si sviluppa tra il mezzanino, dove troviamo copie contemporanee dei più celebri dipinti dell’artista e opere di altri maestri, come il Cavalier d’Arpino e Giorgine, che si sono cimentati sullo stesso tema, e l’altana, dove la Presa del Caravaggio è accostata alle radiografie del dipinto dalle quali emergono numerosi pentimenti e variazioni in corso d’opera che ne giustificano l’autografia.
ESPOSIZIONI, ATTRIBUZIONI, COPIE
Il dipinto – rinvenuto nel 1943 in una collezione privata, che oggi sappiamo essere di Ruffo di Calabria – era già stato esposto, per la prima e unica volta, nella Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi, curata da Roberto Longhi nel 1951 presso il Palazzo Reale di Milano, in un’esposizione che vedeva riunite molteplici opere di Caravaggio insieme a dipinti di artisti che si sono ispirati al maestro attraverso i secoli.
Dopo la famosa mostra milanese, per qualche decennio si perdono le tracce dell’opera finché venti anni fa viene acquistato dall’attuale proprietario Mario Bigetti, antiquario e collezionista. Se in passato il dipinto ha destato dubbi di attribuzione, oggi dopo il recente restauro e accurate indagini diagnostiche si può affermare la priorità di quest’opera sulla Presa di Cristo conservata alla National Gallery of Ireland di Dublino probabile copia dell’originale del Merisi.
COMMITTENZA E PROVENIENZA
La presa di Cristo è databile al periodo dell’attività romana del Caravaggio, che è anche il periodo più fecondo di committenze e produzioni dell’artista.
Nei documenti dell’epoca risulta pagato da Ciriaco Mattei nel 1603, quindi è stato individuato il 1602 come anno di produzione. Nell’inventario Mattei del 1624 risultano due versioni di questo dipinto: uno con cornice nera arabescata d’oro che possiamo immaginare essere il prototipo oggi esposto ad Ariccia e uno con cornice più piccola che si pensa essere verosimilmente una copia (nello specifico quella di Dublino). È probabile che per questo dipinto Caravaggio disegnò anche la decorazione della cornice – giunta fino a noi nel suo ornamento originale – che presenta somiglianze con quella dello Scudo con testa di Medusa conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze, dal sottile disegno floreale in tempera dorata, ricchissima ma allo stesso tempo estremamente sobria.
In quegli stessi anni il marchese Asdrubale Mattei fece realizzare a vari pittori una serie di opere a tema cristologico delle medesime dimensioni e con i stessi motivi della cornice del dipinto Ruffo. Tra i pittori che lavorarono a questa serie troviamo Valentin de Boulogne, Serodine e il giovane Pietro da Cortona.
COMPOSIZIONE
La particolarità del Caravaggio sta nel suo nuovo modo di rappresentare la natura e i caratteri umani, discostandosi dalla pittura composta e fredda di scuola lombarda. Non usa modelli e disegni preparatori precisi ma utilizza persone del popolo che fa diventare “attori” delle sue opere. La Presa di Cristo, in olio su tela, raffigura la cattura di Gesù nell’orto dei Getsemani dopo il tradimento di Giuda.
La composizione del dipinto si articola in 8 figure raggruppabili in due zone: a sinistra si svolge l’azione, a destra i personaggi che osservano la scena (nel personaggio all’estrema destra è stato individuato un autoritratto dell’artista).
Al centro, il personaggio in armatura che prende Cristo per la gola divide e unisce le due parti uscendo – attraverso il gomito – dalla bidimensionalità della tela e coinvolgendo lo spettatore nella rappresentazione.
Elementi interessanti rinvenuti in fase di restauro sono dei segni tracciati con l’ocra sulla preparazione pittorica, sotto al colore, per segnalare i punti fondamentali della propria composizione – ad esempio il volto del suo autoritratto, l’arco creato dal mantello al centro, ecc – che i restauratori hanno deciso di lasciar visibili e che rappresentano un’ulteriore prova della priorità di questa versione rispetto a quella di Dublino.
CROMATISMO
I colori utilizzati da Michelangelo Merisi sono impasti semplici, con pochissime velature riscontrabili per lo più nei volti per ammorbidire le parti illuminate. Troviamo soprattutto terre e il tipico rosso di cinabro, con l’aggiunta di un colore abbastanza raro detto smaltino: un colore molto antico, costituito da polvere di vetro blu cobalto, usato in tutto l’Oriente e a Venezia dove probabilmente Caravaggio ne venne a conoscenza. La luce naturale, proveniente dalle finestre molto alte del suo appartamento, scende da sinistra e permette così alle ombre di rimanere morbide senza creare contrasti troppo forti.
PARTICOLARI ICONOGRAFICI
La figura di Giuda che bacia il Cristo sembra avere le proporzioni del braccio e della testa non precise ma con tutta probabilità questo particolare non si tratta di un’inesattezza: secondo un antico proverbio le persone con problemi fisici potevano essere considerate personificazioni del male quindi è possibile che l’artista abbia fatto posare nel suo studio una persona con menomazioni per la parte di Giuda.
Al contrario Giovanni è raffigurato come una sorta di propagazione dalla figura di Gesù che trasmette la sua vita agli uomini attraverso l’urlo disperato del più giovane degli apostoli.
La mostra è visitabile dal 14 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024 tutti i giorni, eccetto il lunedì, orario 10:00/13:00 e 15:00/18:00.