Castelli Romani e Velletri: come sopravvivere ai Cambiamenti Climatici
Pochi giorni fa abbiamo assistito all’ennesima tragedia causata dai fenomeni estremi legati al Surriscaldamento Globale: parte dell’Emilia è stata allagata da intense precipitazioni e il conseguente straripamento dei fiumi, causando morti e gravissimi danni all’agricoltura. Ma perché citare questo evento che sembrerebbe riguardarci poco? In fondo ai Castelli Romani abbiamo un territorio completamente diverso e l’orografia ci salvaguarda da fenomeni di questo tipo, almeno così parrebbe. I motivi sono due. Il primo è che il surriscaldamento globale non si manifesta solo con precipitazioni intense, ma con fenomeni meteo estremi di ogni tipo, dalle trombe d’aria alla siccità prolungata alle ondate di caldo e freddo sempre più frequenti. Il secondo motivo risiede invece nelle scelte fatte dall’uomo nel tempo, drammaticamente sbagliate, sulla gestione del territorio, del suolo, e dell’agricoltura. Infatti l’esempio della Pianura Padana è emblematica di quanti errori abbiamo fatto e continuiamo a perpetrare. Basti pensare a come era prima il Val Padano: una distesa di foreste e paludi che è stata nel tempo disboscata, prosciugata e coltivata con specie inadatte come peschi e susini, originarie dell’Asia occidentale e sensibilissime a umidità e ristagni idrici tanto da richiedere continui trattamenti. Insomma esattamente ciò di meno adatto possibile per le caratteristiche di quel luogo. Ma fa parte dell’attuale mentalità umana, pensare che possiamo fare tutto ciò che vogliamo, dove e quando vogliamo. Peccato però che questi sistemi, che siano agricoli, che siano economici, turistici, sociali o quel che vogliamo, si reggano in piedi solo grazie a enormi quantità di energia immesse nel sistema stesso. Basta un attimo di mancanza o una forte perturbazione a far cadere malamente tutto il sistema. Per usare una parola tanto di moda ma poco compresa, abbiamo costruito un’economia e una società basata su sistemi NON Resilienti, ovvero non in grado di sopravvivere e rigenerarsi da soli senza input da parte dell’uomo.
Ma veniamo finalmente al nostro bellissimo territorio e paesaggio, mi riferisco ai Castelli Romani e all’estesissimo territorio di Velletri (geograficamente ma non storicamente parte dei Castelli).
Come lo abbiamo gestito? E cosa rischiamo nell’immediato futuro? La risposta è “male” e “molto”. Dagli studi scientifici sappiamo che l’area del Mediterraneo (in particolare l’Italia) risente maggiormente del surriscaldamento globale, ciò significa che rispetto ad altre zone del mondo saremo più esposti ai fenomeni citati sopra, e che ora si manifestano ancora blandamente rispetto a ciò che ci aspetta. In particolare per noi i problemi maggiori saranno la mancanza d’acqua potabile, la siccità, fortissimi nubifragi localizzati con enormi rischi idrogeologici e per le infrastrutture umane come case, ponti e strade. Purtroppo non siamo affatto immuni a questo, e sarei davvero contento se quanto ho previsto non si verificasse mai, ma anche per noi prima o poi arriverà la tragedia da TG nazionali.
Secondo la mia opinione ciò su cui dovremmo intervenire immediatamente per rendere il nostro territorio più resiliente sono le seguenti grandi quattro azioni.
- Ripristino immediato e tutela del patrimonio boschivo. Conversione dei nostri boschi da cedui ad alto fusto, così da preservare maggiormente l’ecosistema e la biodiversità, ma anche aumentale l’immagazzinamento idrico e la protezione del suolo da sole e piogge intense.
- Formulare nuove regole per un’agricoltura che stocchi più CO2 di quella immessa nell’intero bilancio. Convertire le colture favorendo ciò che nel nostro clima non necessita di eccessiva irrigazione o altra gestione (ad es. l’actinidia è una coltura da sostituire quanto prima). Aumentare la sostanza organica del suolo per proteggerlo dal dilavamento e dalle conseguenti colate di fango che potrebbero verificarsi. Ciò è possibile solo passando a modelli come l’Agroforestazione e l’Agricoltura Naturale, dove insieme alle colture primarie sono previste anche colture arboree a protezione del suolo, il quale potrà subire solo lavorazioni minime, con conseguente minor utilizzo di concimi e pesticidi grazie alla maggiore fertilità dei suoli.
- Consumo di suolo negativo, ovvero identificare e demolire gli abusi sparsi sul nostro territorio e gestire i flussi di acqua cercando di rallentarli seguendo l’andamento naturale dei corsi e ripristinando e tutelando le zone ripariali dei corsi d’acqua. Evitare di canalizzare con cemento i flussi d’acqua, uno degli sbagli più grandi è pensare di poter controllare le forze della Natura.
- Piantare alberi adatti al clima che cambia e alla siccità, sia in città che fuori. Innescare politiche di piantumazione in giardini pubblici e privati, ovunque sia possibile. Sappiamo che le piogge sono legate alla vegetazione presente in una determinata zona. Dobbiamo proteggerci dal forte caldo e “richiamare” acqua dal cielo quando necessario. Solo gli alberi hanno questo potere.
È chiaro a tutti che la politica di gestione delle nostre zone è andata nell’ultimo mezzo secolo nella direzione esattamente opposta, e che siamo in forte ritardo anche noi. È per questo che condanno fortemente la politica locale e nazionale che abbiamo avuto in passato, ma ancora di più quella attuale. Perché se fino a una decina di anni fa potevamo forse non essere ancora così informati, oggi è sotto gli occhi di tutti e NON possiamo più ignorarlo. Ma cosa propone ancora il mondo della politica, dal centrodestra al centrosinistra ad altri partiti, perfino quelli che si dichiarano ambientalisti? NULLA di realmente valido e che porti a cambiamenti sostanziali. La politica sta evitando volutamente di trattare questi temi perché sono scomodi in termini elettorali, in quanto richiedono grandi cambiamenti, anche di mentalità, che è la cosa più difficile da cambiare. E personalmente l’ho visto anche da dentro, cioè da attivista politico che ha provato/prova a far cambiare direzione in modo coraggioso a chi almeno sulla carta dovrebbe essere più sensibile e recettivo a questi temi. L’ennesima dimostrazione sta proprio nei programmi presentati dalle coalizioni dove sono presenti i partiti più notoriamente ambientalisti come Europa Verde e M5S, con punti programmatici di scarsissimo impatto sulle emissioni di gas serra. E questo è ancor più grave, perché chi parla di ambiente oggi ha il dovere di avanzare proposte realistiche e lungimiranti, non specchietti per le allodole che hanno il solo effetto di deludere e demotivare la partecipazione democratica delle persone consapevoli della portata dei problemi a cui andiamo incontro.
Il punto qui, e lo dico fortemente al mondo della politica, è che se non facciamo qualcosa ora e senza mezze misure, fra qualche anno non riusciremo neanche più a coltivare il cibo per sfamarci. Forse è questo che NON vi è ancora chiaro. Cari sindaci, consiglieri e assessori di turno, non ci salveremo rattoppando buche prima delle elezioni, né installando qualche lampione solare. Serve agire su tutti i fronti, uniti e velocemente, lo dobbiamo ai nostri ragazzi. E spero che siano anche i cittadini a chiedere e a determinare questo cambiamento nell’immediato, che deve essere, sia chiaro, politico ma anche individuale. Ognuno di noi è la goccia che può determinare il cambiamento.
Prof. Daniele Previtali