Ultimo aggiornamento:  14 Aprile 2023

Come sono regolate le convivenze di fatto e quali diritti cono riconosciuti?

QUESITO. Le convivenze di fatto sono regolate da una legge? Quali diritti sono riconosciuti alle coppie conviventi? Come si può dimostrare la convivenza? In che modo è regolata la successione ereditaria? (il quesito sintetizza una richiesta fatta con chiamata vocale Messenger da un conoscente amico virtuale).

è bene precisare, prima di rispondere, che all’espressione “convivenza di fatto” (o unione di fatto o famiglia di fatto) usata nel linguaggio comune, corrisponde la locuzione latina “convivenza more uxorio” usata nel linguaggio giuridico e nella giurisprudenza. L’etimologia di questa remota espressione viene dall’unione di mos (costume, uso, consuetudine, stile di vita) e uxor (coniuge, consorte, moglie). Quindi sono due modi diversi per indicare due persone che convivono stabilmente come se fossero sposate, senza esserlo. Questo anche per dire che le unioni di fatto sono sempre esistite, anche se negli ultimi anni si sono maggiormente diffuse (raddoppiate dal 2008).

LEGGE SULLA CONVIVENZA

Le unioni di fatto non sono state esenti nel passato da critiche e dubbi di legittimità; ma già un trentennio fa la Cassazione dichiarò che la convivenza more uxorio è legittima per il nostro ordinamento, perché non contrasta con il buon costume, l’ordine pubblico e altre norme imperative (Cass. n. 6381/1993). La disciplina legale nel nostro ordinamento è stata introdotta dalla legge n. 76/2016, conosciuta come Legge Cirinnà. La legge, composta da un unico articolo suddiviso e 69 commi, disciplina sia le unioni civili (commi 1-34), sia la convivenza di fatto (commi 35-69). A questa legge viene riconosciuto il merito di aver dato “dignità alla convivenza more uxorio, paragonandola, ai fini degli effetti, al matrimonio”. La convivenza more uxorio, dalla legge Cirinnà, ha ricevuto la seguente definizione legale: “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”(art. 1 comma 36). In sintesi si può dire che sono due i tipi di convivenza disciplinati:

  • la convivenza semplice;
  • la convivenza con contratto (quando la coppia redigendo un contratto di convivenza regolamenta i rapporti patrimoniali e le conseguenze patrimoniali nel caso di una eventuale cessazione della convivenza).

Da quanto stabilito per legge si ha convivenza more uxorio quando:

  • i conviventi siano due soggetti maggiorenni;
  • tra loro sussista un legame affettivo e di reciproca assistenza morale e materiale;
  • i due soggetti non siano legati da un vincolo di parentela, affinità, adozione;

Tra i requisiti fondamentali previsti dalla legge per definire la coppia di fatto non esiste un obbligo di coabitazione.

DIRITTI DEI CONVIVENTI

La normativa prevede una serie di diritti a favore dei conviventi.  Tra ad esempio:

  • la nomina ad amministratore di sostegno del partner dichiarato inabile, con la possibilità di fargli visita nei luoghi di ricovero ed esprimere la propria opinione sul trattamento terapeutico che lo riguarda;
  • il diritto di chiedere il risarcimento danni per morte dell’altro convivente, causata da un illecito altrui commesso sul posto di lavoro, nella circolazione stradale o in altre circostanze;
  • diritto della persona convivente con il “de cuius” che risulti anche proprietario della casa, di restare nella casa di comune residenza un minimo di due anni oppure per una durata equivalente al periodo di convivenza fino a un massimo di cinque anni Se nella casa comune vivono anche i figli della coppia o i figli di uno dei due, il convivente che sopravvive alla morte dell’altro può rimanere nella casa per tre anni.
  • dritto a richiedere il subentro nel contratto di locazione, in quanto la legge prevede questa facoltà. Dunque, a differenza di quanto avviene per il coniuge superstite convivente, il quale subentra automaticamente nel contratto di locazione stipulato dal coniuge deceduto, per il convivente di fatto, non è previsto il subentro automatico nel contratto di locazione ma, al contrario, è prevista la sola “facoltà” di richiedere il subentro.

Come si prova la convivenza more uxorio

La legge non richiede particolari formalità per dimostrare la stabile convivenza more uxorio ed è sufficiente un’autodichiarazione. Volendola formalizzare, basta una autocertificazione in cui i due conviventi dichiarano di convivere nell’indirizzo anagrafico indicato. Si può redigere in carta libera presentandola personalmente al Comune di residenza (si può anche inviare a mezzo pec o fax allegando i documenti d’identità). Il Comune, una volta disposti gli opportuni accertamenti per verificare la stabile convivenza, può rilasciare lo stato di famiglia e il certificato di residenza. In realtà, la convivenza può essere dimostrata anche con i più comuni mezzi di prova previsti dall’ordinamento. Il primo mezzo è sicuramente la prova documentale, seguito dalla prova testimoniale, che può essere resa da parenti, amici, vicini di casa e da tutti coloro che siano in grado di affermare che la coppia è unita da un legame affettivo duraturo e stabile. Vi è poi l’interrogatorio (formale e libero) Se dalla coppia sono nati e convivono dei figli anche la “presunzione” diventa un valido mezzo di prova.

SUCCESSIONI EREDITARIA

Dal punto di vista della successione ereditaria, stando alla normativa attuale, per i conviventi non è previsto nessun diritto ereditario. Anche nel caso dovesse trattarsi di una convivenza di fatto formalizzata ed anche nel caso la coppia abbia dei figli. I figli, invece, sono considerati eredi di ciascun genitore. In altre parole, ai conviventi non spettano quote di eredità del convivente defunto, mentre ai figli sì. Quindi, l’unico modo per lasciare in eredità dei beni alla persona convivente è quello di redigere a suo favore un valido testamento. Ovviamente, occorre considerare l’eventuale esistenza di altri eredi legittimari (es. figli di una precedente unione). In tal caso il convivente può ricevere per testamento solo una parte del patrimonio costituita dalla cosiddetta disponibile.

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