“E fui cacciato”

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16. “E fui cacciato!”

IV Domenica T.Q.

Testo

Passando, vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’a lavarti nella piscina di Sìloe»—che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui (Gv 9,1.6–9.43–17.34–38).

Commento

Era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Il “sabato” di ieri è la “domenica” di oggi. . . la “legge” che imbrigliava allora le coscienze degli ebrei sono i “canoni” che tolgono oggi alla maturità delle coscienze cristiane lo spazio necessario perché siano autonome. Si può discutere sull’opportunità di talune norme, ma è comunque eccessivo l’insistere sulla loro origine divina, quando, sotto questa veste, c’è solo una volontà umana di altri tempi.

E lo cacciarono fuori. Nella vocazione di un prete può esserci la voglia di stare “fuori”, perché lì, nella zona che va al di là delle regole, c’è una grande fetta del popolo di Dio abbandonata a se stessa. Proprio lì è possibile imbattersi nella genuinità di un atto d’amore che la stupidità di una legge non vuole riconoscere come tale; proprio lì, dopo aver riacquistato la luce della fede, può sostare chi, paziente, attende che qualcuno apra il cuore alla comprensione.

Quale disagio dover dire ad un fedele, catapultato da una legge vecchia al di fuori dello spazio ecclesiale, tu non farai la comunione. . . tu non sei degno di fungere da padrino. . . tu vivi nel peccato. . . tu e i tuoi figli non avrete mai il sorriso di Dio. E mi cacciarono quando, seguendo la logica dell’amore, mi posi in contrasto con i voleri dei Sommi Sacerdoti; ma io ero già fuori col mio cuore e la mia mente da quel mondo che non digeriva le mie scelte.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?» Anche se talvolta ho faticato, ho sempre risposto: “Sì!”. Ed è di grande sollievo continuare a credere nel Figlio dell’uomo, nonostante le situazioni critiche che vengono a crearsi immancabilmente nella conduzione della propria esistenza.