“Eucarestia a buon mercato”

Altre Notizie

Corpus Domini

Testo

Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi (Mc 14,12.22–26).

Commento

Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare

la Pasqua?

Ogni domenica il Popolo di Dio è invitato a “mangiare la Pasqua”. Il dove e il come sembrano fatti scontati: il dove sarà una chiesa e il come un insieme di riti e di formule che impreziosite da brani tratti dalla Sacra Scrittura, costituiscono uno schema che tutti nel mondo cattolico sono tenuti a rispettare. Gesù e i suoi discepoli mangiavano la Pasqua ogni anno, rispettando la tradizione ebraica che ricordava con quel rito la liberazione del Popolo di Dio dalla schiavitù d’Egitto. Questa volta Gesù aggiunge alle benedizioni di sempre qualcosa di nuovo, di strano, di incomprensibile: la focaccia, spezzata e distribuita, diventa il suo corpo e il vino, sorseggiato a turno dai presenti, cambia sostanza e diventa il sangue che Gesù stesso verserà per la salvezza degli uomini. Per questo la Pasqua cristiana è detta Pasqua di risurrezione, passaggio, cioè, dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita eterna. Mangiare la Pasqua in ultima analisi significa creare movimento, conversione. Perciò, non più un semplice “assistere” alla messa, come in passato sembrava logico che fosse, oggi, mollati gli indugi, è tempo ormai di fomentare una “partecipazione” più attiva non solo nelle formule e nei canti, ma anche e soprattutto nell’omelia che, come da tradizioni antiche, dovrebbe tornare ad essere “conversazione familiare”.

Prendete, questo è il mio corpo [. . . ] questo è il mio sangue.

I malati che hanno voglia di guarire prendono volentieri la medicina ed è logico che ciò avvenga. Al contrario è semplicemente assurdo per chi sta bene, ingoiare pillole e scaricarsi flebo, a meno che non si voglia assumere vitamine o integratori sempre e comunque preziosi per l’organismo. L’Eucaristia è senz’altro un ottimo medicamento per le anime, ma, strano a dirsi, lo si offre solo a chi non è malato. Dicono infatti i Canoni:

1415 Chi vuole ricevere Cristo nella Comunione eucaristica deve essere in stato di grazia. Se uno è consapevole di aver peccato mortalmente, non deve accostarsi all’Eucaristia senza prima aver ricevuto l’assoluzione nel sacramento della Penitenza.

1416 La santa Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo accresce in colui che si comunica l’unione con il Signore, gli rimette i peccati veniali e lo preserva dai peccati gravi. Poiché vengono rafforzati i vincoli di carità tra colui che si comunica e Cristo, ricevere questo sacramento rafforza l’unità della Chiesa, Corpo mistico di Cristo.

In parole povere si dice che l’Eucaristia cura solo i piccoli raffreddori e per le polmoniti e le bronchiti occorre la confessione. Ma i fedeli accorrono a frotte ormai a prendere l’ostia, nonostante i canoni, anzi, in rispetto ai canoni, perché sono loro con le loro coscienze a decidere se quella che li affligge è, o non è, una febbre da cavallo. Poveri noi preti che, angosciati dal calo delle confessioni e preoccupati dello spreco della Grazia di Dio, non sappiamo come arginare l’afflusso disordinato dei malati, malati anche gravi, all’Eucarestia.