Un condomino fotografa un’autovettura che era stata parcheggiata fuori posto, per segnalare all'amministratore del condominio l'uso non consentito di una parte comune. I due condomini, marito e moglie, querelano il condomino perché, per “biasimevole motivo”, aveva fotografato la loro auto, ignorando che all'interno della vettura fotografata vi erano anche i loro figli minori. Inoltre, aveva rivolto nei loro confronti parole offensive. Il reato oggetto della incolpazione è stato quello di molestia o disturbo alle persone, previsto dall’articolo 660 del Codice penale, per il caso in cui un soggetto, “in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”. In tal caso il colpevole è punito, a querela della persona offesa, con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516.
VICENDA GIUDIZIARIA
Il Tribunale, sulla base dell'istruttoria dibattimentale espletata, ha accertato che l'episodio era legato a precedenti questioni di carattere condominiale insorte tra l'imputato e le persone offese, ma ha escluso che il comportamento dell’accusato fosse abituale. Tenuto conto del motivo per il quale è stata scattata la foto e della assenza di precedenti penali, considerando “esigua la lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice”, ha deciso per l’assoluzione dell'imputato. È stato applicato l’articolo 131-bis c.p., che prevede l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
Contro questa decisione, tuttavia, il condomino (fotografo), assolto per la particolare tenuità del fatto, propone ricorso in Cassazione per avere una assoluzione piena. Secondo il ricorrente, erroneamente era stata ritenuta possibile l’applicazione dell’articolo 660 in mancanza del “motivo biasimevole”, richiesto dalla norma per la rilevanza penale del fatto
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
La Cassazione con la sentenza del 4 maggio 2023, n. 18744, ha dato ragione al ricorrente. Trattandosi di un unico episodio, i giudici di legittimità hanno escluso l'abitualità della condotta ed anche il biasimevole motivo in relazione al comportamento dell'imputato. Infatti, la foto serviva per dimostrare all'amministratore che la vettura veniva fatta sostare in area vietata.
In particolare, la Cassazione ha affermato che le parole e gli epiteti rivolti ai condomini non rivestivano i tipici elementi della condotta molesta e che un'unica azione, non può integrare la fattispecie criminosa, in quanto la condotta “deve necessariamente essere particolarmente sintomatica dei requisiti previsti dalla norma incriminatrice”. E cioè: “l'atto per essere molesto deve non soltanto risultare sgradito a chi lo riceve, ma dev'essere anche ispirato da biasimevole, ossia riprovevole, motivo, in alternativa, l'atto per essere molesto deve rivestire il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri”. Nel caso in esame, invece, doveva essere esclusa l'abitualità della condotta considerato che la sentenza impugnata si riferiva a un solo episodio e “nel comportamento tenuto non erano ravvisabili gli estremi del reato ascritto”. Il biasimevole motivo doveva essere escluso soprattutto perché nel condominio esisteva “una problematica situazione relativa alle aree di sosta e all'occupazione, da parte dei veicoli, di aree in cui la sosta era invece interdetta” ed è per questo motivo che l’imputato “aveva scattato le foto dell'autovettura delle persone offese perché essa era ferma in area vietata, per segnalare il comportamento scorretto all'amministratore del condominio”.
In mancanza degli elementi costitutivi del reato contestato, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio per insussistenza del fatto.
PRECEDENTI DECISIONI
Nel 2017 la Cassazione aveva stabilito che la contravvenzione di molestie o disturbo alle persone, di cui all’articolo 660 c.p., in forza di una condotta ripetuta ed abituale, può configurarsi quale reato. In quella circostanza aveva precisato: “Il detto reato si realizza anche con una unica azione di disturbo o di molestia, sempreché ispirata da biasimevole motivo o quando il comportamento sia pressante e indiscreto, petulante e in sostanza idoneo ad interferire fastidiosamente nella sfera della vita privata della vittima” (Cass. pen., sez. I, 07/02/2017, n. 26336).
Sempre nel 2017, un’altra decisione aveva stabilito che fotografare di nascosto i condomini per coglierli in flagranza mentre violano le regole condominiali non integra il reato di molestie, se non vi è una condotta abituale. In sostanza si è affermato che non commette il reato di molestia il condomino che scatta una foto di nascosto ad altri condomini al fine di documentare una violazione del regolamento condominiale. (Cass. pen., sez. I, 13/04/2017, n. 18539). Pertanto, il condomino coscienzioso, che intenda dimostrare con foto palesi violazioni, non commette reato fotografando i trasgressori, purché la sua condotta non sia connotata da petulanza e ripetitività.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
In base a quanto emerge dalla recente decisione e di quanto già stabilito in precedenza, si possono individuare i limiti per non incorrere nel reato di molestie, facendo foto in ambito condominiale. La foto non deve avere lo scopo di molestare il responsabile di un comportamento indebito, vendicarsi o comunque fargli un’offesa o un dispetto. Certamente, l’azione deve essere svolta in modo educato e discreto, evitando di interferire sgradevolmente o spiacevolmente nella sfera privata di altre persone. Evidentemente, la fotografia non può essere diffusa sui social o su chat perché ci sarebbe violazione della privacy.
L’azione di fotografare deve avere uno scopo ben preciso come quello di segnalare il comportamento scorretto all’amministratore del condominio.
Se l’azione di fotografare venisse ripetuta più volte, la situazione di liceità potrebbe diminuire in quanto l’abitualità della condotta potrebbe dare qualche fondamento ad una querela per reato di molestie. Valga, in proposito, evidenziare che nel caso specifico esaminato da quest’ultima decisione della Cassazione, pur in presenza di parole offensive ed epiteti rivolte ai condomini, la condotta molesta è stata esclusa e l’imputato è stato assolto perché la vicenda riguardava un solo episodio.