Girovagando nel Seicento romano: il Palazzo Doria Pamphilj di Valmontone
Che la si programmi come gita pre-autunnale o per fuggire a questi ultimi giorni di calura estiva, una visita al Palazzo Doria Pamphilj di Valmontone è d’obbligo per chi si trova nella zona sud della provincia romana. A pochi chilometri dalla Capitale e facilmente raggiungibile dall’area dei Castelli Romani, Valmontone sorge su un colle tufaceo dal paesaggio collinare e ricco di verde. La sua storia ha origini antichissime e leggendarie, pare che sia stata fondata addirittura da Glauco, figlio del re Minosse e fratello del Minotauro. Diverse furono le famiglie che si succedettero nelle vicende di Valmontone: i Conti, che acquistarono questa terra nel 1208, gli Sforza che la prelevarono nel 1575, i Barberini che la comprarono nel 1634 e i Pamphilj che ne divennero proprietari nel 1651. Durante la Seconda Guerra Mondiale, tra il 1944 e il 1945, la città venne bombardata più volte e il centro abitato quasi totalmente raso al suolo. Oggi, le uniche architetture dell’antico centro urbano sopravvissute ai bombardamenti sono il Palazzo Doria Pamphilj e la Collegiata dell’Assunta.
STORIA
Quando Camillo Pamphilj, nipote di papa Innocenzo X, acquistò il feudo di Valmontone nel 1651, progettava di creare, in quella che elesse come propria residenza extraurbana, una sorta di città ideale, tanto che nelle cronache dell’epoca si parla di “Città Pamphilia”. I lavori per il nuovo palazzo iniziano già nel 1654, il responsabile del progetto originario è l’architetto Benedetto Molli, mentre a partire dal 1666 il cantiere viene affidato ad Antonio Del Grande.
Al piano nobile del Palazzo sono ancora conservati gli affreschi eseguiti tra il 1658 e il 1661 da artisti di grande fama quali: Pier Francesco Mola, Gaspard Dughet, Guillaume Courtois, Francesco Cozza, Mattia Preti e Giambattista Tassi. A seguito dei bombardamenti della città di Valmontone, degli anni Quaranta, il Palazzo con le sue 365 stanze divenne rifugio e abitazione per gli sfollati. Le grandi sale vennero suddivise con tramezzi e tende e vennero allestiti focolari per ospitare quante più famiglie possibili, famiglie che vi rimasero fino alla metà degli anni Settanta.
CICLO DI AFFRESCHI
Giunti all’entrata del Palazzo, salendo la scalinata sulla destra che porta al piano nobile, si viene accolti da una guida che propone al visitatore una visita guidata gratuita (La guida è di grandissima professionalità e sa trasmettere la sua passione per questi luoghi attraverso un racconto dettagliato e coinvolgente delle vicende a essi correlate, quindi accettate la visita guidata, non ve ne pentirete!). Gli ambienti del primo piano sono caratterizzati da un ciclo di affreschi che si articola essenzialmente sulle volte – bisogna immaginare che le pareti un tempo fossero ricoperte da arazzi – eccetto nel Salone del Principe in cui la pittura interessa l’intera superficie parietale. L’iconografia delle volte è basata sulle allegorie dei Quattro Elementi e su quelle dei Quattro Continenti.
La visita inizia dalla Stanza del Fuoco, affrescata da Francesco Cozza. Al centro della volta troviamo Venere, sposa di Vulcano, dio del fuoco. Tutto intorno si alternano figure di eroi e divinità impegnate nella lavorazione dei metalli, tra cui i ciclopi – dipinti con tre occhi e non con il tradizionale occhio singolo – a lavoro nella fucina di Vulcano.
La Stanza dell’Aria è invece dipinta da Mattia Preti che esegue la volta in sole sedici giornate di lavoro. L’artista elimina l’elemento architettonico di ripartizione degli spazi e crea uno sfondamento illusorio della volta, in modo tale che le figure sembrino fluire realisticamente nell’aria. Al centro, l’allegoria dell’Aria è racchiusa all’interno di una ghirlanda dorata sostenuta da quattro puttini, personificazioni dei quattro venti (Notare il puttino con la pelle scura, personificazione dello Scirocco, vento africano). Intorno alla corona fluttuano le Ninfe dell’aria e agli angoli della volta sono rappresentate le allegorie alate del Tempo, della Fama, dell’Amore e della Fortuna, tutte forze evanescenti che – come l’aria – sfuggono al dominio dell’uomo. Ai lati si possono ammirare i carri astrologici di Aurora-Mattino, Apollo-Giorno, Diana-Sera e Selene-Notte, con il susseguirsi delle diverse ore del giorno.
La Stanza dell’Acqua, dipinta da Guillaume Courtois, detto il Borgognone, presenta la volta scandita in riquadri di finte architetture, secondo la tradizione carraccesca della Galleria Farnese di Roma e di quella cortonesca di Palazzo Barberini. Al centro della volta alcuni puttini versano acqua e scoccano frecce, simboleggiando così la caduta della pioggia. Nei diversi riquadri troviamo, invece, scene mitologiche attinente all’elemento dell’acqua: Nettuno e Anfitrite, Proteo e le Naiadi, Polifemo che spia Galatea e Aci.
Giovanbattista Tassi, artista quasi del tutto sconosciuto alla critica ma presente nei documenti relativi ai pagamenti del Palazzo di Valmontone, è l’autore degli affreschi della Stanza della Terra. Anche la volta di questa sala è divisa in riquadri. Al centro troviamo l’allegoria della Terra che sostiene un globo e uno scettro e siede su un carro trainato da leoni. Nei riquadri sono presenti: le personificazioni delle tre arti (Architettura, Pittura e Scultura), il Ratto di Proserpina, Bacco e Arianna (nei volti dei quali si possono riconoscere i ritratti del principe Camillo Pamphilj e della consorte) e l’allegoria della fertilità femminile rappresentata da una donna alata con il seno scoperto e due bambini in braccio.
Le volte dei Camerini sono invece affrescate con le allegorie dei Quattro Continenti allora conosciuti. Pier Francesco Mola è l’artista che si occupò del Camerino dell’America e del Camerino dell’Africa; Francesco Cozza dipinse il Camerino dell’Asia e Giambattista Tassi il Camerino dell’Europa.
Di straordinaria bellezza è il Salone del Principe, unica stanza in cui l’intera superficie parietale è dipinta a trompe l’oeil. L’artista, Gaspard Dughet, affrescò il salone prendendo spunto dalle pitture – di solo un anno precedenti – del Palazzo del Quirinale. Lungo le pareti è rappresentato un colonnato sormontato da una trabeazione oltre la quale si stagliano inserti paesaggistici ritratti “dal vero” seppur con dei tratti idealizzanti. Lungo il perimetro della volta troviamo una terrazza con balaustre e ringhiere, dalla quale si affacciano un cavaliere e dame di corte – una delle quali sembra essere il ritratto della figlia del principe Camillo. Al centro della volta si staglia lo stemma della famiglia Pamphilj – una colomba con il ramoscello di ulivo – e quello della famiglia Aldobrandini (famiglia della moglie del principe, Olimpia) – con le sei stelle a otto punte. Insieme a Dughet, che dipinse il Salone in meno di un anno in tempo, collaborò l’artista Guillaume Courtois che si dedicò soprattutto ai ritratti di famiglia.
CURIOSITA’
Alla fine della visita, ai fruitori vengono rilasciate delle cartine con dei piccoli itinerari museali da realizzare in autonomia. Gli itinerari del Museum Grand Tour sono divisi per aree geografiche: zona Casilina, zona Predestina e area dei Castelli Romani. Visitando i musei indicati in ogni cartina si ha diritto a un timbro e a un omaggio finale al completamento della visita di tutti i siti proposti.
ORARI DI APERTURA AL PUBBLICO
Dal martedì al venerdì: 9.00 – 13.00
Sabato e domenica: 9.00 – 13.00 e 16.00 – 20.00
Ingresso libero