Ultimo aggiornamento:  26 Febbraio 2022

Il cancro senza vergogna

Alle nove e trenta questa mattina ero sul mio letto nel reparto oncologico a suggere i vari medicinali della terapia a me destinata. Nello spazio di tre ore circa si sono alternati nella postazione messa lì al mio fianco due altri signori. 

Non mi è stato difficile creare dialogo: di loro conosco ormai tutto ciò che normalmente un malato di cancro tiene gelosamente e paurosamente nascosto agli altri e, peggio, a se stesso.

Man mano che si andava avanti col discorso veniva meno la “vergogna” e le realtà familiari prendevano con semplicità il vero volto. I malati in genere, ma in modo particolare chi si porta dentro l’angoscia del tumore, penso abbiano bisogno del contributo di uno psicologo, di uno psicologo che sappia raggiungere anche le componenti, tutte, presenti nella vita del paziente.

L’infermiera che con discrezione professionale aveva seguito i dialoghi, mi ha fatto i complimenti. Pensate, ero riuscito a parlare, secondo lei, perfino con un “orso”…

Nel salutarli li ho trovati più distesi e più informati sui mezzi che in qualche modo aiutano a convivere con una menomazione difficile da accettare.

Non sanno i nuovi miei amici che sono un prete. Quanto trovo secondario il fatto di mettere in mostra una crocetta sul petto!…

L’orso, tra le mille cose che mi ha rivelato, mi ha detto anche che si ritirerà in campagna in una “baracca”… con la cagnetta, qualora la sua donna dovesse mettersi con un altro uomo… Già, la cagnetta… gliel’hanno venduta da piccola con un difetto alle zampette… la prima operazione è andata bene, la seconda no, dovrà fare un altro intervento, ma la vede troppo sofferente per farle affrontare ancora dei rischi probabilmente inutili. Ora l’orso sfodera un volto dalla dolcezza inenarrabile. Le due sofferenze, quella della cagnetta e la sua, si intrecciano amorevolmente nel gioco di una recondita speranza.

Anche l’altro paziente questa sera mi penserà e sorriderà, mentre tenterà  di mettere alla prova un sistema da me inventato atto ad arginare un problema intimo… nella notte. E quel sorriso per me sarà come un miracolo, perché il primo impatto con la sua persona questa mattina è stato tragico, mormorava tra sé e sé: “Sono stanco, voglio morire!…”.

- Con quella faccia che sprizza vita da tutti i pori, tu mi vuoi far credere che sarebbe meglio farla finita?

- Ho cinquant’anni e posseggo delle serre che mi aspettano… Le forze non mi mancano, ma ogni qualvolta mi curvo per accarezzare le piantine, nel rialzarmi mi vergogno: la mia tuta è bagnata di pipì.

La vergogna  che è un sentimento legato ad una colpa commessa responsabilmente, non si addice ad un poveruomo che per motivi spesso inspiegabili viene giudicato dalla TAC portatore di un cancro.

Come sacerdote sto perdendo il fascino degli altari di marmo: sono freddi nel groviglio dei riti e distanti dalle realtà che una chiesa dovrebbe abbracciare. E ciò mi accade non per il male fisico con il quale convivo da più di sei anni, ma per il fatto di aver preso il largo da quell’ambiente che sempre più appare distante dal mio modo di sentire l’afflato cristiano, sempre più distante  da certe mie scelte che godono, per fortuna, di una  condizione psichica di ampia serenità.

Come sacerdote, senza crocette sul petto, questa mattina, confessandomi, ho confessato due persone.

Come malato, poi, anch’io ho i miei bei passaggi di vergogna.  Il momento in cui  maggiormente provo imbarazzo è quando  il dottore mi chiede con la naturalezza che gli è propria: “come vai di corpo?”.

È bene sapere che uno degli effetti prodotti dalla chemioterapia è lo scombussolamento totale dell’apparato digerente e di conseguenza dell’intero andamento espulsivo del prodotto. Non ci sono termini adatti per descrivere un fenomeno che non ricalca le tradizionali situazioni di un comune essere umano. Anche a questo inconveniente ho posto rimedio: “Senta, dottore, in alcuni momenti avverto l’impellenza di un fatto che non conosce tempi certi. In altri, invece, soffro di ritenzione testarda, sempre, comunque, per mia fortuna, accompagnata da  lieto fine.”.

Immaginate il sorriso del dottore che, giovane negli anni, sta prendendo appunti su di un foglio che resterà per sempre misterioso  alla mia fantasia. Con quali parole, secondo voi, sta riportando il mio pensiero su quel pezzo di carta? Lui a sera, poi,  con gli amici dell’equipe dovrà fare il punto anche su tale questione. Spero tanto in una risata corale che nel sacerdote poco devoto trova  la persona adatta a cancellare l’assurda presenza di una insostenibile VERGOGNA.

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