Ultimo aggiornamento:  23 Luglio 2022

Il Carcere per chi prende il reddito di cittadinanza e lavora in nero

La Cassazione penale ha confermato la condanna di un uomo a oltre un anno di reclusione, per il fatto che percepiva il reddito di cittadinanza e lavorava in nero. La legge infatti prevede che coloro i quali percepisco il reddito di cittadinanza, se iniziano a svolgere una prestazione lavorativa senza comunicarlo all’Inps, commettono un reato. Ciò a prescindere dal fatto che il rapporto sia stato formalizzato con un contratto di lavoro o sia irregolare.

IL CASO DECISO

Un lavoratore è stato ritenuto colpevole in relazione al reato previsto dall'articolo 7, comma 2, L. 26/2019 (legge istitutiva del reddito di cittadinanza), “per avere omesso - quale percettore di reddito di cittadinanza - di comunicare all'Inps lo svolgimento di attività lavorativa presso una ditta individuale”. La disposizione prevede che l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari è punita con la reclusione da uno a tre anni. A sua discolpa il soggetto ha precisato che in realtà, svolgeva tale attività, mentre era sottoposto alla detenzione domiciliare, al solo scopo di alleviare le sofferenze derivanti dalla sua situazione. L’accusato, ha inoltre sostenuto che all’omessa comunicazione dello svolgimento di attività lavorativa, non poteva essere attribuita rilevanza penale perché in realtà non percepiva una retribuzione vera e propria. L'attività eseguita era priva di retribuzione e svolta gratuitamente, con “regalie saltuarie” a titolo di rimborso.

MOTIVI DI CONDANNA

A nulla è valso il fatto che anche il datore di lavoro abbia affermato di essersi limitato a fare delle “regalie” soltanto “in occasioni particolari”. Senza, quindi, poter escludere l'attività lavorativa svolta nel suo interesse e la corresponsione di compensi. Ritenuto “inverosimile” quanto dichiarato dall'imputato e dal datore di lavoro, a proposito della gratuità dell'attività lavorativa, i giudici di meritohanno emesso una sentenza di condanna per la prestazione lavorativa irregolare e la corresponsione di compensi saltuari come retribuzione. L’imputato avrebbe dovuto comunicare lo svolgimento dell’attività all'Inps., anche se il rapporto di lavoro non era regolarizzato.  Per questo l’uomo è stato condannato in primo grado alla pena della reclusione di un anno e otto mesi. Poi, in sede di appello, la pena inflitta è stata ridotta a un anno un mese e 10 giorni di reclusione.

CASSAZIONE

Con la sentenza n. 25306 del 04.07.2022, la Cassazione penale ha giudicato il ricorso manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, le doglianze sollevate dal ricorrente erano in realtà volte a censurare accertamenti di fatto che il Tribunale e la Corte territoriale in sede d’appello avevano motivato in modo “coerente e logico”. Infatti, con un ricorso generico “privo di analisi della condotta e delle prove disponibili e di confronto, tantomeno critico, con la motivazione della sentenza impugnata”, veniva ribadita la giustificazione dell’appello. Nella sentenza impugnata, fanno rilevare i giudici di legittimità: “La Corte di gravame, infatti, aveva ribadito la configurabilità del reato contestato al ricorrente a causa dell'omessa comunicazione all'Inps dello svolgimento di attività lavorativa retribuita, seppure irregolare, sottolineando come fosse inverosimile quanto dichiarato dall'imputato e dal datore di lavoro, a proposito della gratuità dell'attività lavorativa svolta dal primo, che sarebbe stata compensata solo con regalie saltuarie”. Ritenendo condivisibile la ricostruzione operata dai giudici di merito, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la validità della condanna.

Può essere utile riepilogare, a proposito di reddito di cittadinanza e lavoro nero, quali sono le conseguenze sanzionatorie del reato per il percettore del sussidio e per il datore di lavoro.

SANZIONI BENEFICIARIO

Chi dichiara il falso (dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere) al fine di ottenere indebitamente il beneficio rischia la reclusione da due a sei anni.  Pena meno severa, da uno a tre anni di reclusione, rischia il beneficiario, per la mancata comunicazione all’INPS di eventuali variazioni del reddito o del patrimonio, o d’inizio attività lavorativa anche irregolare, o altre informazioni che potrebbero rimodulare l’importo del beneficio o portare alla revoca del reddito di cittadinanza. Nel caso di condanna definitiva per tali reati, il reddito di cittadinanza viene revocato e chi lo ha indebitamente percepito è tenuto a restituire quanto precedentemente ricevuto.

SANZIONI DATORE DI LAVORO

Per il datore di lavoro che fa lavorare in nero un beneficiario di reddito di cittadinanza è prevista una sanzione che si aggiunge alle accertate sanzioni per lavoro nero (maggiorazione del 20%). L’importo da pagare dipende dal numero di giornate di lavoro nero del lavoratore. Tanto per dare un’idea, si parla di una sanzione da 2.160 euro a 12.960 se il lavoratore ha lavorato in nero per 30 giorni; sanzione da 4.320 euro a 25.920 euro se il lavoratore ha lavorato in nero dai 30 fino ai 60 giorni; da 8.640 a 51.840 euro se il lavoratore ha lavorato in nero oltre i 60 giorni. Quindi, a rischiare pesanti sanzioni non sono solo i percettori di reddito che svolgano attività di lavoro irregolare, ma anche coloro che si avvalgono della prestazione di beneficiari del sussidio. Le sanzioni aggiuntive (maggiorazione 20%), che colpiscono il datore di lavoro, sono dovute anche quando a percepire il reddito di cittadinanza sia non il lavoratore in nero, ma un componente dello stesso nucleo familiare.

È comunque importante ricordare che esistono anche delle agevolazioni (esonero contributivo) per chi decide di assumere un beneficiario di reddito di cittadinanza a tempo pieno e indeterminato. L’esonero è riservato ai datori di lavoro privati che abbiano comunicato la disponibilità dei posti vacanti in via telematica ad ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro).

NOTAZIONE FINALE

A margine di questo commento, non posso fare a meno di notare che, codice penale a parte, esistono molte leggi con la previsione di sanzioni penal anche gravi, come in questo caso il carcere, ma poi tanti operano senza tenerne conto, scommettendo (con successo!) sulla mancanza di controlli. Anche un bambino comprende che a nulla serve fare leggi con gravi sanzioni e pene severe se poi non si possono fare i controlli.

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