“Il dubbio di chi crede”
Santissima Trinità
Testo
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16–20).
Commento
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Il vangelo di Matteo, scritto intorno all’anno 85 è diretto ad una comunità di giudei convertiti che vivevano in Siria–Palestina. Costoro stavano attraversando una profonda crisi d’identità, riguardo al loro passato. Dopo aver accettato Gesù come il Messia atteso, avevano continuato a frequentare la sinagoga e ad osservare la legge e le antiche tradizioni. Avevano inoltre una certa affinità con i farisei. A partire dagli anni 80 questi fratelli giudei, farisei e cristiani, iniziarono a litigare tra di loro nello stabilire a chi erano destinate le promesse dell’Antico Testamento. Tutti pretendevano di essere i veri eredi. A poco a poco, crebbe la tensione e cominciarono a scomunicarsi a vicenda, per cui la parte cristiana non poté più frequentare la sinagoga e rimase così tagliata fuori dal suo passato. Ogni gruppo iniziò ad organizzarsi a modo proprio: i farisei nella sinagoga, i cristiani nella chiesa. Ciò aggravò il problema dell’identità delle comunità dei giudei cristiani, poiché sollevava domande molto serie che avevano bisogno di una risposta urgente: “L’eredità delle promesse dell’Antico Testamento a chi appartiene, alla sinagoga o alla chiesa? Con chi sta Dio? Chi è veramente il popolo di Dio?” Matteo scrive il suo vangelo per aiutare queste comunità a superare la crisi e a trovare una risposta ai loro problemi. Sono passati duemila anni e nella Chiesa si sono formate tante chiesuole e tra queste sono nate altre divisioni, quelle codificate da pronunciamenti ufficiali e quelle, sopportate o coccolate all’interno della struttura ecclesiale, visto che ogni cosa fa brodo, quando nelle messe si vedono i banchi semivuoti e negli incontri formativi le aule appaiono poco affollate.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni.
Quando Mosè fu inviato a liberare il popolo d’Egitto, ricevette da Dio una certezza, l’unica certezza che offre garanzia totale: “Va, io sarò con te!” (Es 3,12). La stessa certezza ebbero i profeti e altre persone cui Dio affidò compiti importanti perché si realizzasse il Suo progetto di salvezza (Ger 1,8; Gdc 6,16). Anche Maria nel dubbio fu rasserenata quando l’angelo le disse: “Il Signore è con te” (Lc 1,28). Gesù, poi, è l’espressione viva di questa certezza, perché la porta scolpita nel nome, Emmanuele, Dio con noi (Mt 1,23). Lui sarà con i suoi discepoli, con tutti noi, fino alla fine dei tempi. Qui appare l’autorità di Gesù. Lui ontrolla il tempo e la storia. Lui è il primo e l’ultimo (Ap 1,17). Questa certezza dà sostegno alle persone, alimenta la loro fede, sostiene la speranza e genera amore.
Tutti i popoli [. . . ] tutto ciò che vi ho comandato.
Questa la conclusione del vangelo di Matteo: “tutti i popoli”, nessuno è escluso. Sappiamo che il vangelo di Matteo registra un’attenzione singolare al popolo ebraico, eppure proprio nelle sue intenzioni si trovano i segni più eclatanti della universalità della salvezza. . . tutti. Nel progetto ideato dal Padre, tradotto in linguaggio umano dal Figlio e testimoniato fragorosamente dallo Spirito Santo, non mancava nulla e nulla potrà essere sottratto arbitrariamente, suggerisce Matteo, se non si vuole rischiare di lasciarsi cullare da un cristianesimo facile, perché monco.