“Il fascino di invecchiare”: intervista a Patrizia Audino
Psicologa, docente, scrittrice, attrice: arte, cultura e ricerca sono al centro dell’esperienza professionale e umana di Patrizia Audino da sempre, e questo bagaglio di conoscenze non fa eccezione per l’ultimo libro – edito da Progetto Cultura – intitolato “Il fascino di invecchiare”. Un saggio breve, con una miriade di argomenti di grandissima attualità che vengono trattati con serietà, rigore scientifico e semplicità narrativa per comunicare quella che è una problematica sociale destinata a divenire cardinale nelle politiche degli anni a seguire. Patrizia Audino, con questa ricerca, pone le sue competenze al centro del problema e cerca di sollevare dubbi e proporre risposte e soluzioni ad una serie di fenomeni inerenti la terza età che non sono più procrastinabili. In quest’intervista abbiamo approfondito il lavoro svolto dall’autrice, che ci ha chiarito diverse cose.
Patrizia, nel tuo ultimo libro metti a frutto diverse esperienze – umane e professionali – per raccogliere gli spunti che hanno dato vita a questo saggio breve. Quanto la tua professione ha inciso nell’accrescimento del bagaglio culturale e scientifico che proponi in “Il fascino di invecchiare”?
L’esperienza quasi decennale che ho avuto occasione di intraprendere con gli anziani già qualche anno fa, quando ancora non emergeva, in modo così evidente, il problema della crescita esponenziale dell’invecchiamento della popolazione (problema evidente in tutte le società occidentali), ha gettato le basi per il mio studio e la mia ricerca su questa tema tanto spinoso. Ho svolto volontariato come psicologa in Centri di Ascolto per Anziani portando avanti un mio personale programma che si è rivelato utile e formativo: sto parlando dei “seminari guidati”. Il mio primo saggio, “Il passato che verrà”, pubblicato nel 2018 per la Casa Editrice Universitalia, ha preso ispirazione proprio da questa mia attività. Nel libro spiego il perché dei “seminari guidati” e ci tengo a dire che lo stesso titolo del libro è stato scelto da me e non dalla Casa Editrice poiché non è stato scelto solo per attrarre il fruitore ma ha un suo specifico significato sottinteso.
In questa mia avventura, nel mondo degli anziani, mi è stata molto utile la mia pregressa e giovanile esperienza con gli scout. Parlo del mitico gruppo AGESCI “Velletri 1°” risorto negli anni ’70 sotto la saggia guida dell’ex Presidente dell’AGESCI nazionale Giovambattista Righetti, scomparso poco tempo orsono. Ebbi la fortuna di frequentare e formarmi con il metodo Scout di obert Baden-Powell (chiamato affettuosamente B.P. da tutti gli scout!) per circa un ventennio e, per dieci di questi, sono stata capo scout: dai Lupetti alle adolescenti, ai giovani adulti; insomma un’esperienza unica che mi ha formato profondamente ed un metodo che mi ha aiutato ad affrontare i compiti educativi e formativi degli anni successivi come, ad esempio, nel campo degli anziani, nell’insegnamento della Filosofia e delle Scienze Umane, nei Laboratori di Lettura Espressiva, ecc..
Uno dei temi al centro della trattazione è l’ageismo, una forma di discriminazione sempre più in aumento nell’epoca contemporanea e rivolto a chi invecchia. Come la definiresti e come si manifesta?
L’Ageismo è senz’altro la forma di discriminazione più subdola che esiste e tipica dei nostri tempi. Essa è rivolta a chi invecchia. L’Ageismo si manifesta in svariati modi: dalle semplici battute tipo “certo che sei vecchia!”, “ad una certa età” e così via, magari dette in modo spiritoso ed in buona fede coscientemente ma che nascondono una forma di discriminazione che, alla fin fine, riguarda tutti noi e questo è un vero problema perché è avvertito come un non-problema ma la normalità di atteggiamento verso chi sta invecchiando. Infatti, strettamente collegato al concetto di Ageismo, è la cosiddetta “Gerontofobia”, ovvero quella sorta di paura verso l’invecchiamento e, nello stesso tempo, l’avversione verso la vecchiaia e quindi verso l’anziano; un vero problema questo per una società in cui, così facendo, inevitabilmente saremo considerati tutti degli scarti (a tal proposito Papa Francesco ci ricorda la “cultura dello scarto” che dobbiamo rifiutare). Vien da sè che occorre porsi delle domande e darsi delle risposte ed un programma per cambiare.
L’Ageismo, sottolinei in un capitolo, è più marcato verso le donne. Perché?
L’Ageismo è ancora più marcato, come fenomeno sociale, quando riguarda la sessualità ed il corpo, soprattutto quello femminile, che è chiamato Ageismo di genere. L’OMS ha pubblicato, un paio d’anni fa, il “Report on Ageism”, Rapporto globale sull’Ageismo, in relazione alla Strategia globale e al Piano per l’invecchiamento attivo, mettendo in evidenza che l’Ageismo non riguarda solo l’anziano ma anche i giovani, quindi tutti noi ed inoltre ha evidenziato che vi è un particolare tipo di Ageismo, quello di genere che colpisce in particolare le donne più anziane che sono vittime di varie forme di discriminazione rispetto agli uomini. Un elemento importante è l’aspetto fisico come ad esempio i capelli bianchi e le rughe che, negli uomini, sono considerati segni di fascino mentre, per le donne, sono segni da disprezzare “tout court”.
La comunicazione ha un ruolo centrale nella vita sociale e spesso manca a principi etici, morali, sociologici verso gli anziani. In quali occasioni? Come invertire la rotta?
Questa domanda centra il senso di questo saggio perché proprio i mass-media, la pubblicità ed i social, in ordine all’ageismo, hanno un’importanza rilevante perché sono indirizzati proprio a tutti noi. Ad esempio nella pubblicità l’anziano o l’anziana è spesso presente come persona da accudire e da assistere e mai come persona attiva e protagonista della sua vita oppure in televisione dove, in alcuni spettacoli televisivi, non si risparmia l’epiteto, seppur scherzoso, di “vecchia” o “brutta vecchiaccia” per indicare una signora matura. Occorre quindi invertire la rotta e per questo vi sono, a mio avviso, varie strategie che illustro nel testo dove, in conclusione, lancio un messaggio ed un invito rivolto a tutti.
Qual è il ruolo della famiglia per un anziano e qual è il ruolo dell’anziano in una famiglia, oggi?
Si può dire che la famiglia, per una persona anziana, rappresenta tutta la sua vita perché l’ha cresciuta e l’ha formata e, arrivata ad una età avanzata in cui ha anche problemi fisici, sente di poter essere utile diversamente e sta alla famiglia il compito di individuare una funzione di crescita da parte dell’anziano in seno al suo nucleo primario. La famiglia, del resto, intravede, nell’anziano, le sue radici che sono necessarie per formare e dare basi solide a questo prezioso gruppo primario della società. E’ importante, per questo, la funzione di narrazione delle vicende passate, della costituzione originaria della famiglia, di aneddoti che hanno caratterizzato il passato, ecc., che solo l’anziano può fare. La narrazione, come la frequentazione della famiglia da parte dell’anziano, è importante perché solo in questo modo si facilita l’accettazione positiva dell’invecchiamento da parte dei giovani e dei meno giovani.
Parli di “profezia che si autodetermina” nel descrivere i rischi psicologici e sociali cui vanno incontro le persone afferenti al campo della terza età. In cosa consiste?
Per “profezia che si autodetermina” si intende, da un punto di vista psicologico, il mettere in atto un comportamento, dovuto ad una propria convinzione personale, che poi renderà più probabile l’avverarsi di un evento. E’ questo un concetto anche sociologico molto importante che mette a nudo i problemi che possono nascere dalla miriade di messaggi percettivi che ci arrivano dalla realtà. Messaggi che possono trarre in inganno e tali da convincere il fruitore a pensare e credere in qualcosa che può essere ingannevole però induce il fruitore a mettere in atto comportamento che poi cambiano la sua vita. Messaggi negativi relativi all’ageismo, ovvero, come già detto, alla discriminazione verso chi invecchia, spesso subdola o anche esplicita nelle comunicazioni di massa, possono indurre la persona, vittima del fenomeno, ad agire come vuole lo stereotipo. Ed allora ci si trova anziani rassegnati alle convenzioni sociali ed ai modelli di comportamento che vengono impartiti dai mass-media su di loro.
Nella parte finale del saggio si intravede un concetto nuovo di umanesimo, secondo il quale l’obiettivo – che non ha età – di ogni individuo è mettere a disposizione degli altri i propri talenti. Questo libro, dunque, tende più all’ottimismo – guardando all’esortazione finale – o più al pessimismo – osservando le criticità che censisci?
Cerco di esaminare il fenomeno dell’ageismo del nostro secolo che ha portato tanti anziani a vivere in solitudine fisica e psicologica, per non parlare poi, del periodo terribile del Covid che tutti purtroppo conosciamo e che ha colpito soprattutto gli anziani. Troppi anziani sono scomparsi senza poter essere considerati degni di dire la loro e di essere ascoltati. Anziani malati e bistrattati ed anziani costretti a vivere in istituti contro la loro volontà. Si potrebbe stilare un lungo elenco di misfatti di ogni tipo in seno alla famiglia stessa e negli istituti nei loro confronti: chi più ne ha più ne metta… Questo ci fa capire che è venuta l’ora di guardarsi intorno e di riordinare le idee, fare qualcosa di concreto con uno sforzo da parte di tutta la società, sia in seno alla famiglia che nella scuola nel favorire l’incontro generazionale e, soprattutto, volgere l’attenzione verso i mass-media che hanno un potere enorme nel gestire le informazioni di cui tutti, a livello capillare, usufruiscono e, proprio per questo, si potrebbe partire da li. In sostanza dobbiamo arrivare alla consapevolezza che occorre cambiare rotta: questa mi sembra già un’ottima partenza!
Una nota sulle illustrazioni: sono una parte integrante del libro e rappresentano un valore aggiunto. Che percorso hai fatto insieme al grande Roberto Mangosi per “illustrare” questo volume?
Senz’altro Roberto Mangosi, grande illustratore e vignettista veliterno, ha dato un prezioso contributo a questo saggio perché dalla lettura della bozza del testo e dopo avermi “intervistata”, ha saputo estrarre, dalle mie parole, l’essenza per immagini dei concetti illustrati e questo è un grande traguardo. Esempio è proprio la copertina dove un grande cuore sostiene un vecchietto felice perché si sente accolto ed accettato. Meravigliosa immagine che rende bene il tema centrale del testo: grazie Roberto!