Ci conoscemmo adolescenti nel segno dell’athlon, atletica o pallavolo non importa, seguivamo moralmente la parabola sempre in ascesa, per un quinquennio, di Giovanni Scavo, che morte troncò prima che flettesse.
C’incontrammo poi spesso come “coaches” delle nostre associazioni sportive, come diffusori di notizie locali di quel mondo, e quando lui impiantò un centro di diffusione di esse, e poi anche d’altre, accolse a braccia aperte le mie richieste di pubblicazione. Lo stesso quando, con “Velletri per il Malì”, divenne uno dei canali principali di diffusione d’informazioni sull’iniziativa: la sede de “L’Artemisio” mi fu un punto di ricarica e di rilancio in momenti negativi.
Non solo: anche per le mie denunce di disfunzioni, incurie, mancati interventi pubblici sul nostro territorio Dario e Silvia trovarono spazio sulle sue colonne. L’Artemisio. La cosa che più ho ammirata di lui è stata l’intuizione di denominare così la creatura cui ha dato, come a suo figlio, il meglio di se stesso. Perché l’Artemisio, con l’imponenza della sua mole, s’erge come baluardo, protezione, tutela alle sue spalle, come riserva sempre rinnovata d’aria pura, vegetali ed altre creature viventi.
Irraggia, con la sua bellezza d’ogni stagione, quella divina della natura vergine, verso la città degli uomini.
E, sopra la linea di cresta, il cielo.