“Il popolo non è la folla”

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Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. Proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,4–11).

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Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme.

Luca (3,15) nel riferire lo stesso fatto, mette insieme gli abitanti della Giudea e quelli di Gerusalemme per fare un tutt’uno che chiamerà “popolo”, un popolo che era in attesa. Il “popolo” non è la “gente”, né tanto meno la “folla”. Il “popolo” rappresenta una collettività etnicamente omogenea, culturalmente uniforme, socialmente identificabile con la classe più numerosa e meno privilegiata di uno stato. Il “popolo” ha un’identità che si manifesta attraverso le tradizioni e le aspettative. . . Il “popolo” vuole essere guidato, per questo va alla ricerca di chi ha carisma. Giovanni il Battista poteva essere l’uomo giusto.

E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

Giovanni smuoveva le coscienze e le portava sulla strada della rettitudine, ma le sue parole conoscevano i limiti dell’umano. Giovanni era un profeta e come tale si inseriva ottimamente nel filone della tradizione giudaica, ma lì si fermava, senza avere la possibilità di creare aspettative da Regno dei Cieli. Il compito di Giovanni fu quello di portare il “popolo” alle soglie della salvezza, senza confondere il suo ruolo con quello del Salvatore; il compito di Giovanni non si esaurì con l’ultimo battesimo compiuto nelle acque del Giordano, ma continuò a essere prezioso nell’indicare agli uomini chi fosse in realtà il vero Messia. Penso sia un errore archiviare il personaggio Giovanni negandogli un posto nella storia presente, come se oggi si potesse fare a meno di un qualcuno capace di creare aspettative, o di favorire, attraverso la riflessione, un contatto diretto con Cristo Gesù Salvatore. Secolo dopo secolo gli uomini di chiesa hanno preferito indossare la veste fascinosa dei piccoli cristi, anziché infilare la tunica rozza ricavata dai peli di cammello, tanto che il “popolo di Dio” ha avuto (e ha) a sua disposizione più “sacri operatori di cose sacre” che non presenze di semplici “traghettatori di anime” a Cristo. Dicono che i cristiani di oggi vivono la fede, senza Cristo. Forse è più giusto dire che i cristiani dei nostri tempi

credono in Cristo, nonostante i preti.

E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”.

Giovanni contempla il mistero della Trinità con il “popolo” che umido ancora di battesimo fatto nell’acqua, si accinge a ricevere Cristo, Figlio prediletto di Dio. La Chiesa, come Maria, porta in grembo il Verbo e Giovanni del Verbo fu la levatrice. In ciascuno di noi c’è un seme fecondato dallo Spirito. Mi piace pensare che, terminati i tempi della gestazione, questa ricchezza interiore debba venire alla luce. E mi affascina l’idea che sia un sacerdote a seguire il travaglio e a favorire il parto di un amore che nascendo diventa testimonianza.