“Il sonno di Dio”
XII Domenica T.O.
Testo
In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,35–41).
Commento
Passiamo all’altra riva. Gesù, che aveva parlato alle folle sulla riva occidentale del lago di Tiberiade, sale in barca con i discepoli e comanda loro di passare alla riva opposta. La partenza appare improvvisa e affrettata: ancora una volta Gesù si sottrae alle fervorose dimostrazioni della gente che l’aveva ascoltato, per immergersi in situazioni a lui non troppo favorevoli, come sarà l’incontro drammatico con l’energumeno di Gerasa (Mc 5,1–20).
È esemplare il coraggio di Gesù nel cambiare “riva”. L’adagiarsi su risorse che rischiano di esaurirsi nel tempo, perché tagliate fuori dalla realtà che pretende continui cambiamenti, è come lasciarsi andare nelle ubriacature di antichi tripudi, permettendo ai furbi di guadagnare spazi preziosi a danno degli stessi che hanno ubriacato.
Quanto appare diverso lo stile di Gesù rispetto a certe preoccupazioni populiste di gente che alla soluzione dei problemi preferisce il gioco comodo delle illusioni.
Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. La traversata di un lago può essere pericolosa sul far della sera, quando, cioè, il crollo delle temperature provocano tempeste violentissime e le fragili imbarcazioni potrebbero essere risucchiate dalle onde.
È inutile illudersi, un qualsiasi cambiamento che sfiora le strutture portanti di una società, provoca tempeste, spesso non previste, quasi sempre più forti delle resistenze che vi si oppongono. E in questo trambusto c’è chi dorme tranquillo, perché sereno in coscienza.
Il “sonno” di Gesù ha dell’inverosimile. Gli stessi discepoli, presi dallo spavento per la catastrofe imminente, non sanno darsi una spiegazione di quel comportamento e sono incerti tra il rispetto per il maestro e la voglia di ricorrere fiduciosi a lui.
Troppe volte si sperimenta nella vita il “sonno” di Dio, e puntualmente tutte le volte che ciò accade c’è un mare in burrasca, un’imbarcazione fragile che sta per affondare, un’esistenza umana che non sa più quale santo invocare. Perché avete paura? Non avete ancora fede? La paura!. . . Quanto poco cristianesimo c’è in chi della “paura” fa facile strumento a vantaggio del proprio egoismo.
Quanto miserabile appare chi, seminando “paura” costringe all’ira gente fragile. . . E l’ira produce odio e l’odio conduce alla guerra.
Ci si professa spavaldamente cattolici, ma intanto si dà segno di immaturità culturale e di responsabile vuoto interiore, quando, solo per quattro voti, si vende l’anima alla menzogna.
Ci si fa belli indossando le vesti di cittadini esemplari, mentre con superbia si taccia di irregolarità una parte di popolazione che con dubbia carità cristiana la si lascia morire di fame.
Ci si arrampica sulle poltrone, ostentando volontà di servizio, ma, poi, tra le pieghe della coscienza si nasconde spudoratamente la voglia di potere.
Se così stanno le cose, dov’è la fede?