Un cittadino prima di tutto. E come tale aveva dei diritti che non dovevano essere calpestati strumentalmente. Giuseppe Amelio, giovane attore dal curriculum molto interessante, ha partecipato con un piccolo ruolo al film "Il Signore delle Formiche" interpretato da Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Sara Serraiocco e Leonardo Maltese. La pellicola ha coinvolto tutti, dal pubblico agli attori: una passione civica e sociale, quella raccontata da Giuseppe Amelio, che riporta a quel clima di immedesimazione nella cultura oggi a tratti svanito. Un clima tanto agognato da Aldo Braibanti, il cui caso giudiziario non deve oscurarne i meriti intellettuali: di questo si parlerà venerdì 7 ottobre alle ore 18 presso l'Auditorium della Casa delle Culture e della Musica di Velletri, nell'evento organizzato da Memoria '900.
Nella chiacchierata con Giuseppe, emergono quei dettagli e quegli aneddoti che portano ancora di più "dentro il film" e soprattutto nello spirito della regia. Una consapevolezza artistica da parte di tutte le componenti in causa si deduce con chiarezza: è così che Braibanti si è preso la sua rivincita, è così che la cultura italiana - almeno quella - ha chiesto scusa a un intellettuale.
Giuseppe Amelio, un’esperienza al fianco del grande Maestro Gianni e di attori come Luigi Lo Cascio, Elio Germano e Sara Serraiocco. Se dovessi svelarci la cosa che più ti ha colpito dei tre protagonisti-attori, cosa ci confideresti?
Innanzitutto, sono tre grandissimi professionisti. Di Luigi mi ha colpito il suo allenamento, la capacità di centrarsi in maniera profonda ed essere pronto prima di girare una scena e anche tra un ciak e l’altro. Di Elio la capacità di amalgamarsi, di essere parte della troupe e un tutt’uno con il set e il film ancor prima di girare. Di Sara la sua semplicità e flessibilità, sia in come si relazionava con tutti che nell’affrontare le scene, le battute, le indicazioni. Ma veramente, ognuno ha fatto la sua parte, da Alberto Cracco, Anna Caterina Antonacci, Valerio Binasco, basterebbe cambiare un solo interprete e il film non avrebbe questa potenza. E non dimentichiamoci di Leonardo Maltese!
Qual è stato il tuo ruolo nel film e che tipo di lavoro è stato, considerata anche la portata emotiva del progetto cinematografico?
Nel film, come attore, ho un ruolo molto piccolo, sono il capo manifestante dei ragazzi in rivolta. E la parte più interessante è stata trovarsi sul set a discutere con gli altri “manifestanti” sul perché quei ragazzi stessero manifestando, su quale fosse il senso allora di una rivolta giovanile, sulla differenza tra quelle contestazioni e quelle di oggi, ci siamo chiesti anche se lo avremmo fatto, noi ragazzi oggi, ad andare a difendere un intellettuale fuori da un Tribunale per una sentenza.. Per me emotivamente il carico era doppio: personale da un lato e professionale dall’altro, perché non solo è il set più grande e importante dove abbia lavorato, ma anche perché film di questa portata portano a far ragionare in ogni loro scena, non solo gli spettatori o gli attori, ma tutti coloro che vi partecipano.
Personalmente conoscevi la storia di Aldo Braibanti? Quali sono gli aspetti che più ti hanno colpito?
No, personalmente non la conoscevo bene. Era un nome sentito dai discorsi in famiglia, sempre accostato alla cultura e al processo, al plagio. Eppure ciò che più mi affascina è proprio il laboratorio artistico polivalente da lui fondato e quella modalità di vivere e trasmettere la cultura. Quali sono oggi i grandi maestri da sentire a bocca aperta? Dove hanno possibilità i giovani di incontrarsi e creare, sperimentare, salvo rarissime eccezioni? Io personalmente sento un po' la carenza di “mentori” oggi, forse si è persa anche la voglia di trasmettere, insegnare, educare mettendosi però in gioco realmente. Il rapporto maestro-discepolo non è mai semplice, in entrambi i sensi.
Un film del genere si carica di tantissime responsabilità, dato che restituisce la fotografia di una società retrograda e per certi versi ancora presente. Questa consapevolezza ha accompagnato tutti voi attori nelle riprese?
Un giorno sento dire a uno della troupe: “Aò, di solito fai dumila scene, campi medi, lunghi, mezzi, a’ fai in tutti i modi e poi a monti.. Qua faremo du scene al giorno, con un’ inquadratura, due al massimo. Quella è, e quella deve essere. Qua stamo a fa un film”. Il film è fatto da tante persone, non solo gli attori. E’ l’insieme che porta al risultato. E la sensazione di star facendo veramente qualcosa di bello, profondo e importante, oltre che attuale, ce l’avevamo tutti. Si percepiva dall’attenzione che ognuno dava alle scene, e che “macinava” con il passare dei giorni. Non era solo lavoro. Era una tensione emotiva positiva. E io spero vivamente che il film venga visto soprattutto da noi ragazzi, perché siamo noi ad avere bisogno di un film così. Le ingiustizie, l’omosessualità, tante tematiche affrontate in modo “umano”, con la giusta profondità. Un film finalmente non “estetizzante”, come tanti se ne vedono.
Cos’hai pensato quando hai letto la sceneggiatura? Che tipo di film ti sei immaginato e quanto è stato diverso poi dal risultato effettivo?
Ho avuto la fortuna di lavorare al film in fase di preproduzione come Assistente Location Manager. Ed è stato molto bello poter vedere, in fase preliminare e ipotetica, come stesse prendendo corpo quella sceneggiatura, le varie possibili alternative, e quella sensazione che “fosse quello giusto” e infatti lo era. Perché è vero che la vicenda è reale, però c’è sempre qualcosa di evocativo e immaginario che salta fuori e ti guida. Prima delle persone, ci sono sempre i luoghi. E un luogo porta sempre con sé qualcosa ed è in grado di restituire qualcos’altro. Ma devo dire che il film era scritto veramente molto bene. E quando c’è una buona scrittura in partenza, i luoghi si materializzano davanti a te, le battute assumono significato. Tutto diventa vivo.
Come attore, prediligi film “impegnati” oppure sei a tuo agio in tutti i ruoli? Qual è il ruolo che più ti ha dato soddisfazione, a teatro o al cinema o in tv?
Al momento prediligo lavorare! A parte gli scherzi, i film impegnati sono sempre il sogno dei giovani attori, perchè abbiamo la voglia di arrivare, di dimostrare, di farci valere. Però sto imparando a saper stare in ruoli diversi, possibilità diverse, anche lavori diversi e ciò che mi dà più soddisfazione al momento è questo, sapersi districare nelle possibilità, recitare con attori importanti un giorno in una scena e il giorno dopo fare la comparsa, sapersi rendere malleabile. In attesa di un ruolo importante magari o di quello che arriverà.
Domanda secca all’uomo e al cittadino Giuseppe, più che all’attore: chi era Aldo Braibanti?
Un cittadino, prima di tutto. Forse nel senso più profondo e vero del termine. Un uomo forse un po’ aspro e rude nei modi, sicuramente non la persona più empatica del mondo, ma un grandissimo uomo di cultura a 360 gradi, pieno di curiosità e con voglia di costruire qualcosa insieme. La passione per le formiche, su di lui, dice tutto.
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