L’abbandono di cuccioli davanti ad un canile è punibile?
Cinque cuccioli messi dentro una scatola di cartone vengono lasciati davanti ad un canile pubblico trovato chiuso. Il Tribunale emette una sentenza di condanna per il reato di abbandono nei confronti della donna che li ha portati. Comunque, nella decisione viene dato atto che i cuccioli non hanno dovuto sopportare alcun “patimento” ed hanno trovato in poco tempo protezione. Secondo quanto sostenuto nel ricorso in Cassazione dalla ricorrente, il giudice che l’ha condannata avrebbe dovuto valutare (ed accogliere) la sua richiesta di assoluzione, in base all’articolo 131-bis del Codice penale il quale prevede la possibile esclusione della punibilità per la “particolare tenuità del fatto”, soprattutto se l’offesa è essenzialmente tenue e se il comportamento non è abituale. La Cassazione, ha accolto la tesi difensiva della donna ed ha annullato la sentenza, rinviando ad altro giudice che si dovrà pronunciare sulla causa di non punibilità.
LA VICENDA
Una donna lascia davanti al cancello d’ingresso di un canile pubblico, una scatola contenente cinque cuccioli di circa due mesi. Ripresa dalle telecamere di un sistema di videosorveglianza, viene identificata e denunciata. I giudici del Tribunale la condannano per il reato di abbandono di animali, dando rilevanza al fatto che i cuccioli sono rimasti “senza né acqua né cibo, sotto il sole e alla presenza di alcuni cani randagi, per circa una mezz’ora, fino all’apertura del canile”. La donna nel ricorso in Cassazione fa presente che i giudici non avevano tenuto conto del fatto che lei non era la proprietaria dei cuccioli e che, dopo averli rinvenuti sul ciglio della strada, li aveva raccolti con l’intenzione di consegnarli alla struttura pubblica. Trovando il canile chiuso, dopo aver citofonato e aspettato, si era dovuta allontanare. Quindi, si trattava non di abbandono ma di consegna a struttura pubblica preposta al ricovero di animali. Inoltre, “in ragione del ridotto lasso di tempo in cui i cuccioli sono rimasti fuori dal canile”, si doleva della mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale, rispetto alla quale il Tribunale non aveva affatto argomentato, sebbene ne fosse stato espressamente richiesto il riconoscimento.
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
Per gli Ermellini, il reato di abbandono di animali domestici può essere addebitato non solo al proprietario, ma a chiunque detenga l’animale anche solo occasionalmente. Quindi, “nessuna rilevanza assume ai fini dell’integrazione della condotta tipica di abbandono la proprietà degli animali domestici, quanto il potere di fatto esercitato sull’animale”. Né tantomeno, i giudici di legittimità hanno ritenuto meritevole di accoglimento la tesi difensiva secondo cui si sarebbe trattato di consegna lecita di animale domestico a struttura pubblica preposta al ricovero di animali. Incontrovertibile il fatto che “nel caso di specie, non vi è stata alcuna consegna dei cuccioli, a prescindere dal rilievo che questi fossero o meno randagi”. La suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto fondata la terza doglianza. Quella sul mancato esame e possibile riconoscimento della causa di non punibilità. Essendo stato accertato che non si verificò alcun patimento e che l’abbandono avvenne in prossimità di una struttura adeguata a soccorrere gli animali che da lì a poco avrebbe aperto, il Tribunale, “avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali non ha ravvisato l’esiguità del pericolo determinato dalla condotta, nonostante dall’apparato argomentativo della pronuncia in esame emerga che le videocamere avevano ritratto la ricorrente depositare la scatola con i cuccioli alle ore 18,25 e che alle ore 19,00 i cuccioli sono stati raccolti e messi in sicurezza dal personale del canile”. Questa la conclusione finale: “Avendo il giudice taciuto in ordine a tali profili, si è in presenza del vizio di mancanza di motivazione, che impone, quindi, un pronunciamento rescindente limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto”.
Inevitabile quindi l’annullamento della sentenza impugnata “limitatamente al punto concernente l’applicabilità dell’articolo 131-bis c.p. con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Lecce, in diversa persona fisica”.
Se mi è consentito esprimere un parere personale, in questo caso, la denuncia penale per abbandono, che ha dato luogo ad una lunga vicenda giudiziaria non conclusa, perché dovrà proseguire davanti al giudice del rinvio, con un po’ di ponderatezza, si poteva evitare. In primo luogo perché una buona intenzione non portata a compimento può essere altrettanto encomiabile di una buona azione. In secondo luogo perché se la signora si fosse disinteressata, reprimendo il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali, non avrebbe corso alcun rischio. C’è pure da considerare che i cuccioli avrebbero potuto subire una sorte peggiore.
PRECEDENTE CASO ANALOGO
La Corte di Cassazione penale con sentenza del 29 dicembre 2022, n. 49471, aveva affermato per la prima volta che il reato di abbandono si configura indipendentemente dal luogo in cui l’animale domestico venga lasciato, “rilevando unicamente il distacco volontario dallo stesso, che venga così a trovarsi improvvisamente a rischio di sopravvivenza, situazione che, ad avviso della Corte, si verifica anche ove venga depositato davanti ad un canile senza la certezza che questi sia disponibile a riceverlo”. Prima della recente pronuncia della Cassazione, secondo la giurisprudenza prevalente, l’atto di abbandonare i cani davanti al canile non era ritenuto punibile poiché i cani venivano lasciati davanti a un luogo istituzionalmente deputato a prendersene cura. Un orientamento però sovvertito dai giudici della Cassazione perché, “indipendentemente dal luogo in cui avviene, la condotta dell’abbandono, avuto riguardo al bene giuridico tutelato dalla norma costituito dalla salvaguardia del sentimento di comune pietà e di educazione civile nei confronti degli animali nel rispetto delle leggi biologiche, fisiche e psichiche di cui ognuno di essi nella sua specificità è portatore, si sostanzia nel distacco volontario dell’animale domestico che, essendo, nel caso del cane, per la sua stessa natura capace di affezione all’uomo e al contempo bisognevole di accudimento specie se in tenera età, viene improvvisamente a trovarsi in condizioni che ne mettono a repentaglio la sua stessa possibilità di sopravvivenza”.