“L’amore come stampella”

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V Domenica T.P.

Testo

Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. (Gv 15,1–8).

Commento

Ogni tralcio, che in me non porta frutto, lo taglia e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. È inutile che ce lo nascondiamo: l’amore è il vero senso, il gusto, la ragione della vita. E non può essere che così, essendo figli noi di un Padre che è amore e che nel cuore ci ha fatti simili a Lui. Ma come è difficile possedere la saggezza del vero amore!

Il più delle volte ci appoggiamo all’amore, senza la voglia di crescere, senza la volontà di lasciarci coinvolgere dalla persona che con pazienza vuole farci reagire, traendoci da situazioni che rischiano di incancrenirsi nel mestiere del parassita.

Quando l’amore è solo una stampella, il miracolo dell’“alzati e cammina” non accade ed è allora che attorno a Gesù si moltiplicano le folle dei piagnoni, così come si infoltiscono attorno alle icone delle tante Madonne le processioni di coloro che chiedono, chiedono e chiedono ancora, senza mai distogliere lo sguardo da se stessi, là dove un atto di fede avverte il disagio di dover sopire rancori prima ancora di sciogliersi in melense filastrocche.

Rimanete in me e io in voi. Quando l’amore, quello vero, ha le sue radici da Dio e si alimenta a quella vite, vivere dovrebbe essere bello, tanto bello, da far risplendere di luce il mondo che ci è attorno. Il vero amore è come il sorriso e la gioia: si comunicano a chi ci è accanto.

“Perché la gente viene a prendere l’ostia con il volto imbronciato?”. Fu una bambina che mi faceva da chierichetta a chiedermelo. Ai bambini, ai quali si permette di restare bambini anche quando fanno le cose da grandi, fa una strana impressione leggere sui volti dei grandi le contraddizioni evidenti di un amore proclamato con la bocca, ma non vissuto nel cuore.

Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Queste parole esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana, l’immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell’uomo e della sua storia. Abbiamo creduto all’amore e come cristiani esprimiamo la scelta fondamentale della nostra vita. All’inizio del nostro essere cristiani non c’è stata una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con una Persona, che pretende di dare alla vita un orizzonte nuovo che solo Dio sa indicare.

«Signore, non si inorgoglisce il mio cuore / e non si leva con superbia il mio sguardo; / non vado in cerca di cose grandi, / superiori alle mie forze. / Io sono tranquillo e sereno / come bimbo svezzato in braccio a sua madre, / come un bimbo svezzato è l’anima mia». (Salmo 131).

“Svezzato” significa non dipendente, non prigioniero, ma capace di una vita autonoma e matura.