Quesito. Può un fratello dopo la morte del genitore esperire un’azione per reclamare denaro, accampando diritti a titolo ereditario sulla pensione riscossa in vita dalla sorella?
La situazione prospettata e quella di una figlia che assiste nella sua casa l’anziano genitore nullatenente ed è delegata a prelevare i soldi della sua pensione dal conto corrente a lui intestato. Il denaro viene prelevato per utilizzarlo mensilmente per le necessarie visite mediche, per gli accertamenti sanitari, per quanto occorre alla cura della sua salute e con il pieno e incondizionato consenso del genitore, per il suo mantenimento, la continua assistenza e per la compartecipazione a spese varie.
PETIZIONE EREDITARIA E AZIONE DI RIVENDICA
In relazione al quesito posto, prima della sintetica risposta è bene chiarire, in estrema sintesi, cos’è la petizione ereditaria ed in cosa consiste un’azione di rivendica.
Un chiarimento, non per indicare delle possibilità che avrebbe il fratello, ma per escluderne l’attinenza al caso posto ed il possibile ricorso a tale rimedio.
La petizione ereditaria è un’azione con la quale l’erede può domandare il riconoscimento della sua qualità ereditaria, contro chiunque possieda tutti o parte dei beni ereditari, sia che li possieda a titolo di erede (anche nel senso che ritiene di essere erede in base ad un titolo che invece non gli spetta) o senza alcun titolo. Lo scopo è quello di ottenere la restituzione dei “beni medesimi” (Art. 533, 1° comma, c.c.).
Secondo quanto ha stabilito la Cassazione “l’azione ha come presupposto indefettibile che la qualità di erede, al cui riconoscimento è preordinata, sia oggetto di contestazione da parte di chi detiene i beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, poiché, ove tale contestazione manchi, vengono meno le ragioni di specificità dell’azione di petizione rispetto alla comune rivendicazione” (Cass. 7.1.2019 n. 123)
Altra possibilità, infatti, per il chiamato all’eredità, è quella di un’azione di rivendica nel caso riesca a dimostrare di essere proprietario di determinati beni compresi nell’asse ereditario. Quindi, anche l’azione di rivendicazione è accordata non per la richiesta di denaro ma al proprietario di beni determinati per il loro recupero.
Con l’azione di petizione ereditaria, l’erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che al momento della morte e quindi di apertura della successione erano compresi nel patrimonio.
Secondo la concorde giurisprudenza, i beni non devono avere natura fungibile, e quindi non può essere il denaro, in quanto la norma testualmente prevede la restituzione dei “medesimi beni” (art. 533 c.c.).
PRELIEVI PRIMA DEL DECESSO
Le vicende giudiziarie sono prevalentemente incentrate, non sul libero uso del denaro del genitore prima della morte, ma sui prelievi effettuati prima del decesso su conti cointestati a firma disgiunta.
Succede di frequente che alla morte di una persona, il cointestatario del conto corrente preleva tutta la somma. Può accadere che lo fa per dividere con gli altri eredi, evitando il pagamento della tassa di successione, ma a volte lo scopo è quello di lasciare gli altri eredi legittimari a bocca asciutta.
In questo caso, se il conto è a firma disgiunta il cointestatario di un conto corrente ha la facoltà di prelevare tutto e svuotare il conto, sia quando l’altro titolare è ancora in vita, che nei momenti successivi alla sua morte (quando la banca non sia stata ancora informata del decesso e non abbia quindi bloccato il conto). Se le operazioni bancarie sono state compiute prima della morte del cointestatario defunto si presume che i movimenti siano stati autorizzati, anche implicitamente, dal contitolare del conto e allora di regola non confluiscono nell’asse ereditario.
Per chi dovesse vantare il diritto all’eredità, ci sono poche possibilità di recuperare il denaro di spettanza, tranne nei casi in cui si riescano a provare comportamenti illeciti. Un esempio può essere la circonvenzione di incapace (si pensi ad un anziano circuito dalla propria badante) o altri simili illeciti. Una possibilità di recupero ci sarebbe ove si riuscisse a dimostrare che la contitolarità era fittizia e che, in realtà, le somme appartenevano al defunto.
LA GIURISPRUDENZA
In una controversia in cui era stata attivata un’azione petitoria, attinente ai prelievi effettuati da un coerede dal conto corrente della madre, successivamente deceduta, la suprema Corte ha affermato che tale azione non è esperibile per le somme di denaro trasferite dal “de cuius” prima della morte.
Tali somme non costituiscono beni ereditari, in quanto non possono far parte dell’asse ereditario. Nel caso di specie, le somme di denaro erano state trasferite non in forza di un “diritto ereditario”, bensì mediante assegni, rilasciati dalla titolare del conto.
Questo il principio fissato: “l’azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che l’ereditando abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza una apparente causa giustificativa, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto nella disponibilità, non già a titolo di erede o senza titolo alcuno, bensì in forza di un titolo giuridico preesistente ed indipendente rispetto alla morte del de cuius”. (Cass. sentenza n. 8611 del 9 aprile 2018)
RISPOSTA AL QUESITO
Sulla questione specifica relativa a somme di denaro trasferite dal “de cuius” prima della morte, per quanto sopra esposto, e per il principio inequivocabile che traspare dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, le persone possono disporre liberamente e autonomamente del proprio patrimonio quando sono in vita, e a nulla valgono le pretese ereditarie in merito.
I legittimari (figli) possono agire, ove si configurasse la lesione della legittima, con riferimento al patrimonio del defunto al momento della morte.
In modo generico e molto sintetico, si può affermare che il cosiddetto “asse ereditario” costituito dal patrimonio del defunto, comprende beni, crediti e debiti. Ovviamente del patrimonio ereditario fanno parte eventuali investimenti ed il denaro risultante depositato al momento della morte che, ovviamente, va diviso tra gli eredi.