Ultimo aggiornamento:  3 Agosto 2022

"L'invincibile estate": intervista a Claudio Donatelli, da Velletri alla Nazionale di Calcio

Cercando il nome di Claudio Donatelli sui motori di ricerca, il primo risultato è quello del sito della FIGC alla sezione "Le squadre degli azzurri". Professionista nell'ambito sportivo, preparatore atletico di lungo corso, da diversi anni è preparatore della nazionale A. Claudio è nato a Velletri nel 1974 e si è diplomato presso l'ISEF del "Foro Italico" di Roma, è dal giugno 2018 nello staff della Nazionale A.

LA CARRIERA

In precedenza, dopo le prime esperienze nel Settore Giovanile della Lazio a fine anni ’90 e il conseguimento del certificato di Preparatore Atletico Professionista FIGC e quello di Preparatore Fisico per il Tennis e Maestro Nazionale FIT, è stato impegnato con la Lazio dal 2003/04, con la Ternana (2006), il Paok Salonicco (2007) e la Cisco Roma (2008). Nel 2011 inizia una serie di esperienze internazionali, prima con lo Swindon Town poi con il Sunderland in Inghilterra, poi, dopo il passaggio alla FIJLKAM come Preparatore Atletico della Nazionale di Judo, si trasferisce al Qatar Sports Club, prima divisione nel Qatar. Nell’estate del 2016 entra negli staff delle Nazionali Giovanili Azzurre (U17 e U18) prima di passare appunto in Nazionale A.

IL LIBRO

Quest'anno l'esordio "letterario" con la pubblicazione del libro "L'invincibile estate" (Rubbettino) insieme ad Annalisa Nicastro. Un volume che indaga il mondo dello sport, raccontando storie sportive e di vita, tra trionfi, cadute e rinascite. Per saperne di più abbiamo intervistato l'autore, che gentilmente ci ha concesso il suo tempo per approfondire questo interessante lavoro.

Parliamo in primis della tua attività: preparatore atletico della Nazionale Italiana: quali sono i tuoi compiti, quali i tuoi aneddoti che ti piace raccontare e che rapporto hai con i calciatori, lo staff e mister Mancini?

Facciamo un grande lavoro di staff, siamo in 3 con un capo area: il prof. Valter Di Salvo. Le mansioni che svolgo sono molteplici ma al centro di tutto c’è sempre il singolo calciatore e il suo stato di forma fisica che va sempre tenuto al massimo. Quindi si lavora in palestra, in piscina, sul campo, il più possibile in maniera individuale proprio per garantire alta qualità di intervento. Un aneddoto simpatico ma efficace: durante gli Europei 2020 il nostro Verratti era infortunato e non avrebbe potuto correre per 10 giorni e così, per farlo allenare sulla resistenza, lo portai in una piscina all’aperto, a Firenze. Marco però odia l’acqua e gli insetti. Bene in quella piscina c’era ovviamente acqua per nuotare e tanti insetti che galleggiavano a pancia in su. Verratti diventò velocissimo nel nuoto e quindi lavorò molto bene, per sfuggire proprio agli insetti che lo circondavano.  Questo ci fa capire come spesso lo sport ci chiede di superare piccoli ma durissimi limiti. Quando ci riusciamo allora possiamo fare tutti grandi cose!  Con il Mister abbiamo un rapporto molto stretto e cordiale, ama tenersi in forma e così ogni giorno, molto presto, usciamo per una corsa anti stress, ovunque ci troviamo nel mondo.

Il libro racconta lo sport 'da dentro': che differenza c'è tra l'ottica del tifoso e quella dell'addetto ai lavori?

Sostanzialmente sono due ottiche molto diverse, più passano gli anni e più me ne rendo conto. Gli atleti che fanno sport per lavoro affrontano gli eventi in maniera molto più fatalista o forse in maniera naturale. Sicuramente perché allenandosi per preparare la gara sviluppano una determinata coscienza e consapevolezza del loro stato di forma, della loro condizione. L’allenamento fisico e mentale alla partita li porta ad essere praticamente sempre dentro a quell’evento e quindi tutto diventa spontaneo e più naturale. Certo poi tutto cambia quando ci sono i grandissimi eventi come una finale continentale, mondiale o olimpica. In quelle occasioni l’adrenalina si alza tantissimo, l’ansia spinge forte e per questi motivi l’esperienza può aiutare a canalizzare al meglio tutte queste energie nervose.

C'è sempre un alone di fascino, filosofia e leggenda nello sport. Questo modo di fare è solo verbale oppure si rinviene anche negli atteggiamenti?

Sicuramente possiamo rimanere affascinati quando pensiamo ad un grande atleta o lo vediamo in azione alla tv, per la sua bravura, per il suo stile e il suo modo di fare. Quando però entriamo in contatto quotidianamente con uno di loro e abbiamo la possibilità di conversare con lui a riflettori spenti, allora è lì che lo conosciamo veramente. Ecco ne L’invincibile Estate abbiamo svelato la reale natura dei nostri famosi interlocutori e loro stessi hanno mostrato la loro grande umanità.

Tra le testimonianze c'è anche quella del ct Mancini, dello scrittore De Giovanni, del Sindaco di Verona Tommasi: cosa aggiungono, al libro, queste e altre autorevoli voci?

Tutte le voci del libro sono necessarie perché è un libro volutamente corale. Con Annalisa Nicastro, co-autrice del libro, volevamo far parlare i diretti interessati, che conoscono molto bene quel mondo tra vittorie e sconfitte, di sport e dei temi ad esso correlati in maniera trasversale. Questo perché riteniamo sia fondamentale far conoscere la prospettiva di ognuno di loro su una tematica specifica.

Perché la scelta dell'autofiction come stile narrativo?

Volevamo allontanarci da un certo stereotipo letterario e precisamente dall'autoreferenzialità che spopola soprattutto nella letteratura sportiva. Negli ultimi anni c'è stata una ridefinizione del significato della fiction, bisogna prenderne atto. L'autofiction è una delle nuove forme narrative dell'ipermodernità, è un vero e proprio tema di avanguardia nel panorama letterario contemporaneo attraverso il quale la finzione narrativa incontra la realtà con il suo valore di testimonianza e documento.  Tutti i racconti del libro nascono dal realmente vissuto e questa continua permeabilità tra reale e fiction crea una suggestione molto forte in chi legge, crea un legame emotivo molto profondo.

Claudio Donatelli con Annalisa Nicastro

Un capitolo importante è riservato alle pari opportunità: c'è una questione di genere anche nello sport?

C'è nello sport come nella vita quotidiana. Quante atlete si sono sentite criticate e alle volte anche offese di praticare uno sport a detta di molti maschile? oppure di occupare posti istituzionali sportivi ad appannaggio solo di uomini? E quante ancora ce ne saranno? Ecco noi vorremmo che nello sport, come nella vita, ci fosse un cambiamento di mentalità, solo così molti potranno scoprire, ad esempio, che la boxe è anche vista e sentita come una danza oppure che se un'atleta fa il lancio del martello può mantenere intatta tutta la sua femminilità senza sformare il suo corpo come molti pensano in maniera pregiudizievole.

Fare sport è un antidepressivo naturale ed efficace. Secondo te c'è ancora un pregiudizio verso lo sport, visto magari come un hobby e basta e non come un vero e proprio lavoro?

Quello che affermi è molto corretto, ci sono molti medici che oggi arrivano a consigliare vivamente ai loro pazienti di praticare attività fisica con regolarità. Sarebbe molto importante che questa diventasse buona norma per tutti gli operatori nel settore medico. Inoltre non dimentichiamo la scuola e quanto sarebbe importante per la salute e per il corretto accrescimento dei bambini poter accedere con maggiore continuità alla pratica sportiva.

Progetti futuri dopo questo libro? Hai in programma di presentarlo a Velletri?

Attualmente stiamo girando tutta l’Italia per far conoscere il libro e per entrare in contatto con le tantissime persone che amano lo sport e la cultura. Ci piacerebbe molto venire a presentarlo a Velletri anche per un motivo sentimentale, perché ci sono nato e qui ho trascorso molti anni praticando sport.

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