Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali: intervista al professor Carlo Ricciuti
Il 19 maggio è la Giornata Mondiale delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali. Morbo di Chron e Rettocolite ulcerosa sono patologie purtroppo in aumento, anche se con le terapie sempre più all’avanguardia è possibile una gestione dei sintomi e il miglioramento della qualità della vita dei pazienti. Il professor Carlo Ricciuti, medico gastroenterologo e infettivologo, ha risposto alle nostre domande su queste patologie spaziando in vari argomenti per sensibilizzare la popolazione di fronte a queste malattie che colpiscono soprattutto soggetti giovani.
Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono il Morbo di Chron e la Colite Ulcerosa. In cosa si differenziano e quali sono i sintomi che le caratterizzano?
Il MDC e la RCU sono patologie intestinali simili delle quali non è ancora nota la causa. Mentre la RCU interessa sempre l’ultimo tratto dell’intestino, il retto, e può estendersi a seconda della gravità a tutto il colon, non andando mai al di fuori di questo, il MDC può localizzarsi in qualsiasi distretto dell’apparato digerente. I sintomi con RCU in fase acuta sono diarrea, quasi sempre mista a sangue, dolore nella regione rettale, tenesmo, e nei casi più severi si può avere febbre e coinvolgimento di tutto l’organismo. Il MDC può dare sintomi più sfumati con diarrea, dimagramento, sensazioni vaghe di malessere con disturbi addominali sfumati. A volte, come evidenziai in un mio lavoro di alcuni decenni fa, quando si era agli albori riguardo la conoscenza di questa malattia, sono i sintomi extra intestinali, soprattutto relativi al fegato ed all’apparato osteo articolare, a comparire anche qualche anno prima dell’esordio intestinale della malattia. Caratteristica importante del MDC è che può “saltare” da un tratto all’altro dell’intestino alternando zone sane ad altre interessate dalla malattia.
Si parla di malattie ad andamento recidivante…
È caratteristica di queste malattie l’andamento con fasi alterne di remissioni ed improvvise ed imprevedibili recrudescenze, a volte, specialmente nella RCU, scatenate da traumi emotivi. Ovviamente lo scopo della terapia è quello di mantenerle in remissione il più a lungo possibile. Nella mia esperienza ho avuto casi che sono in remissione da decenni.
Quali sono le opzioni terapeutiche per la gestione di queste malattie?
Le opzioni terapeutiche attuali si basano essenzialmente sulle terapie antiinfiammatorie e quelle, ancora in evoluzione, per sopprimere l’alterata risposta immune dell’organismo che è all’origine di queste patologie. Inoltre sono importanti una alimentazione corretta e personalizzata e la gestione degli stress emotivi che frequentemente si associano ad esse.
Molti pazienti fanno delle terapie cosiddette biologiche. In cosa consistono e quando si rendono preferibili rispetto alle terapie tradizionali?
Le terapie cosiddette biologiche si usano soprattutto quando non si ha una risposta soddisfacente alle terapie antiinfiammatorie tradizionali. Esse consistono sostanzialmente in anticorpi monoclonali, ottenuti con l’ingegneria genetica, volti a bloccare la reazione patologica dell’organismo verso i suoi stessi organi. Il grande limite attuale di queste terapie è la mancanza di una specificità che quindi può compromettere altre funzioni del sistema immune. Ovviamente va sempre valutato il rapporto rischio/beneficio selezionando accuratamente i soggetti da sottoporre ad esse.
C’è un’età di insorgenza particolare, visti anche casi pediatrici?
Queste sono malattie che si manifestano in età più giovanile, nelle prime decadi di vita, anche se non mancano casi insorti in più tarda età o nei bambini.
La ricerca nel suo inesorabile procedere che tipo di speranze e prospettive ha aperto per la gestione della malattia? La direzione è quella della gestione o della guarigione definitiva?
Certamente lo scopo della ricerca è quello di guarire queste malattie con strategie terapeutiche sempre nuove. Per ora ci possiamo basare sulle terapie che abbiamo e che vanno molto bene, guardando con ottimismo verso il futuro ma non facendoci sedurre da facili entusiasmi, relativamente a terapie che vengono enfatizzati ma che sono ancora agli albori del loro percorso di sperimentazione.
Quanto è importante la diagnosi precoce e, a diagnosi avvenuta, quali sono gli esami ematologici e strumentali che i pazienti devono eseguire e con quale cadenza?
Se la fase di esordio è acuta, per entrambe si ricorre spesso ad un ricovero ospedaliero dove diventa agevole diagnosticarle. Nelle presentazioni più attenuate è più difficile fare diagnosi, dando a tanti sintomi sfumati e non sempre specifici la giusta importanza. Molto dipende dall’esperienza e dalla bravura del medico. Una volta diagnosticate, la colonscopia con biopsie è indispensabile ad intervalli di tempo variabili a seconda del decorso, ci sono poi gli esami radiologici, RMN e TAC, nonché gli esami ematochimici per valutare lo stato di infiammazione e l’interessamento di altri organi, a capofila fegato e reni.
Ci sono patologie secondarie che possono derivare dalle Malattie Infiammatorie intestinali, ad esempio a livello reumatologico o nervoso?
Certamente. Basti ricordare le alterazioni delle articolazioni, le artriti, le epatiti, le colangite, la psoriasi e molte altre, anche se non è automatico che debbano presentarsi in tutti gli ammalati.
Come mantenere una qualità della vita adeguata a fronte di problemi di stanchezza fisica e mentale?
Seguire anzitutto le terapie e compensare con integratori le eventuali carenze vitaminico-minerali. Condurre uno stile di vita sano ed il più possibile non stressante. Alimentarsi in modo corretto e variato. E soprattutto, mi permetto di dire, non sentirsi ammalati ma perfettamente normali ed in grado di fare tutto.
Che ruolo gioca l’alimentazione sia in fase attiva che in fase di quiescenza?
L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nella gestione delle malattie infiammatorie intestinali. Senza addentrarci in dettagli tecnici è necessario assumere alimenti freschi e genuini il meno lavorati possibile, frutta fresca e verdura, ricche di antiossidanti naturali, compatibilmente con le esigenze di digeribilità e le limitazioni dovute magari ad episodi di acuzie o eventuali stenosi del piccolo intestino nel morbo di Crohn. Non sembra necessario abolire il latte, se viene digerito, o il glutine, magari preferendo l’assunzione di cereali integrali al posto delle farine bianche e limitando al massimo le carni lavorate, e dei conservanti e preferendo pesce e carni bianche. Ovviamente nelle fasi di acuzie dovrà essere messo a riposo il più possibile l’intestino evitando qualunque stress alimentare.
Quando si rende necessario il ricovero ospedaliero per i pazienti affetti da queste malattie? E la chirurgia, se necessaria, quando subentra e in cosa consiste?
In casi molto gravi quando non è prudente gestire l’ammalato a livello domiciliare si deve ricorrere alla ospedalizzazione dove possono essere messe in atto tutte quelle strategie che influiscono con maggiore efficacia sul decorso della malattia. La chirurgia nella RCU è l’estrema ratio e comporta un intervento di asportazione totale del colon con conseguente ‘guarigione’ della malattia. Ovviamente è un intervento molto drastico, che trova indicazione solo in pochissimi casi selezionati. Nel MDC gli interventi per stenosi e fistole nel tratto intestinale sono più frequenti e, se eseguiti da chirurghi esperti, ormai quasi esclusivamente in laparoscopia, possono avere risultati brillanti e duraturi.
Il cambio di stagione e le temperature molto alte o molto basse influiscono sull’andamento della malattia? In che modo?
Tutto ciò che porta stress e disagio al fisico, quindi anche il clima, può influenzare il decorso di queste patologie, attraverso l’attivazione di sostanze infiammatorie ed immuno-attive in grado di alterare l’equilibrio dell’ecosistema intestinale.
A livello scientifico, lo stress può incidere o meno sulla salute dell’intestino? Come?
Lo stress gioca un ruolo fondamentale nella genesi e nell’evoluzione di queste patologie, tenendo conto che nell’intestino si trova quantitativamente l’80% circa dei neurotrasmettitori e l’interazione cervello-intestino ed intestino-cervello è stata ormai documentata e riconosciuta da tutti come una causa fondamentale. Nella mia esperienza ho sempre constatato questo, senza alcuna eccezione.
Esiste un aumentato rischio di sviluppare complicanze neoplastiche? Se sì, perché e quali sono i pazienti più a rischio?
Sicuramente un rischio c’è anche dopo anni di remissione della malattia, soprattutto nella RCU con possibili neoplasie del colon, e nel MDC per patologie linfatiche. Certamente più è lunga la durata della malattia, più rischio si corre, anche se molto basso. Per questo sono necessari controlli periodici endoscopici e di diagnostica strumentale: ecografia, Tac, RMN.
Quanto è importante il rapporto medico/paziente per un malato di Chron o Colite Ulcerosa, secondo la sua esperienza?
È fondamentale una stretta collaborazione fra medico e paziente ed un rapporto di fiducia fra essi. Il medico deve anche comprendere i disagi che una patologia, allo stato attuale cronica, crea all’ammalato ed essere quindi sempre pronto a consigliare e sostenere con empatia.
Rispetto a molti anni fa, come si è modificato l’approccio di cura rispetto a queste patologie e con quali benefici per i pazienti?
Oggi la terapia di queste malattie si giova di un buon numero di farmaci efficaci e molto tollerabili, rispetto a quelli di cui disponevamo trenta o quarant’anni fa. Ed è sempre più frequente vedere con soddisfazione la maggior parte dei pazienti andare in remissione stabile senza ricadute.
Perché avere una malattia anche in remissione porta comunque stanchezza, depressione, ansia e altre problematiche apparentemente non legate alla condizione intestinale?
È una situazione abbastanza comune, sia per il possibile stato anemico che si instaura, sia soprattutto per le sostanze che si producono attraverso la reazione immune che si genera in corso di queste malattie. Ovviamente anche soffrire di queste malattie porta disagi nella vita di tutti i giorni, basti pensare alla diarrea nelle fasi acute e di recrudescenza, può di per sé generare disagio ed ansia.
Da medico, secondo lei c’è abbastanza conoscenza e sensibilizzazione dell’opinione pubblica su queste patologie?
Certamente, come capita in molte patologie frequenti ma non troppo diffuse, c’è molta disinformazione ed ancora sono radicate convinzioni errate sulla natura ed il decorso di queste patologie. Sicuramente una maggiore informazione sarebbe auspicabile.