Sta facendo discutere una recentissima sentenza della Cassazione, pubblicata lo scorso 31 agosto, che ha stabilito l’illegittimità di tutte le multe elevate con autovelox, se il cartello con il limite di velocità da rispettare nel tratto di strada è collocato a meno di 1 km dalla postazione di rilevamento.
Si tratta di una novità perché, sino ad oggi, la Cassazione si era solo occupata di vertenze sulla mancanza, o distanza ritenuta insufficiente, tra il cartello con l’avviso preventivo, quello per intenderci con la scritta “attenzione: controllo elettronico della velocità”, e la postazione autovelox.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Nel caso di specie sono entrate in gioco disposizioni legislative che riguardano non il segnale d’avviso del rilevatore ma il segnale stradale del limite di velocità da osservare nel tratto in cui è collocata l’apparecchiatura di rilevamento Autovelox.
Si tratta di a una “normativa disattesa” tesa in qualche modo a limitare il proliferare degli autovelox per la voglia di fare cassa di Comuni, che molto spesso ne fanno un utilizzo selvaggio, imponendo limiti irrazionali non adeguati alla strada.
Con l'articolo 25, comma 2 della legge sulla sicurezza stradale 120/2010, si è stabilito che, fuori dai centri abitati, tra il segnale riproducente il limite di velocità vigente sul tratto di strada e i rilevatori di velocità utilizzati o installati non può esserci una distanza inferiore ad 1 km.
Poi, nel 2017, la cosiddetta Direttiva Minniti, con il capo 7.6 allegato al D.M. n. 282/2017 di attuazione dell'art. 25 comma 2 della L. 120/2010 è stato precisato che "Nel caso di diverso limite massimo di velocità anche lungo un solo ramo della intersezione, sia maggiore che minore rispetto a quello ripetuto dopo l'intersezione, la distanza minima di un chilometro si computa dopo quest'ultimo in modo da garantire a tutti gli utenti della strada in approccio alla postazione lo stesso trattamento”.
Sono due, quindi, le condizioni previste: la postazione dell’autovelox deve trovarsi fuori dai centri abitati; deve esserci un limite di velocità inferiore rispetto a quello consentito, in via generale, dal codice della strada (110 km/h per le strade extraurbane principali, di 90 km/h per quelle secondarie e locali).
LA VICENDA
Un automobilista impugnava innanzi al Giudice di Pace territorialmente competente il verbale elevato dalla Polizia locale per eccesso di velocità rispetto al limite previsto di 70 km/h. L’atto notificato prevedeva il pagamento a titolo di sanzione amministrativa di € 550 e la decurtazione di 6 punti dalla patente di guida. L'opposizione intentata dall'automobilista, per ottenere l’annullamento del verbale, faceva leva, tra le altre doglianze, sul mancato rispetto della distanza minima di un chilometro tra il segnale riproducente il limite di velocità vigente sul tratto di strada e l'apparecchiatura autovelox, come imposta dall'art. 25 comma 2 della L. 120/2010. La domanda di annullamento del verbale veniva respinta in primo grado dal Giudice di Pace, mentre veniva accolta dal Tribunale in funzione di Giudice dell'appello.
L'Unione dei Comuni - da cui dipendeva la Polizia Locale che aveva elevato la contravvenzione - ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo che, nel caso di specie, non poteva trovare applicazione il capo 7.6 allegato al D.M. n. 282/2017 che impone la distanza di un chilometro tra il segnale che indica il limite di velocità e la postazione autovelox. Tale previsione, viene sostenuto nel ricorso, sarebbe limitata al caso in cui vi sia un segnale che preveda un limite di velocità inferiore e non di un segnale che ripeta, in modo inalterato, il limite precedente o preveda un limite superiore. Quindi, non poteva essere applicata nel caso di specie in cui, l’utente della strada, provenendo da un tratto di strada dove vigeva il limite inferiore di 50 km/h si era immesso in quello di 70 km/h vigente dopo l'intersezione.
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
In via preliminare va precisato che la giurisprudenza di legittimità ha più volte sottolineato come nessuna legge imponga una distanza minima prestabilita tra l’autovelox e il segnale d’avviso del controllo elettronico. La giurisprudenza ha sempre fatto riferimento solo ad una “ragionevole distanza”, da valutare caso per caso, in base alla strada e alla velocità consentita. In linea di massima, nel caso di strade urbane, dove si viaggia al di sotto dei 50 chilometri orari, si ritengono sufficienti circa 80 metri e 250 metri per velocità superiori. Per quanto riguarda la distanza massima, invece, tra cartello di preavviso e dispositivo non può essere superiore ai 4 chilometri.
È stato pure chiarito che lo scopo di tale segnale d’avviso è quello di consentire all’automobilista una “dolce frenata”. Non è certamente quello di evitare le multe agli imprudenti, ma fare in modo che questi non frenino all’improvviso, alla vista della postazione di controllo, determinando così un maggior rischio per la circolazione, costituito da una serie di tamponamenti.
La novità dell’ordinanza della Cassazione n. 25544 depositata il 31 agosto 2023, sta nel fatto che per la prima volta, ha interpretato la normativa sopra riportata sancendo l’illegittimità e quindi la possibilità che siano annullate tutte le multe elevate con autovelox se il cartello con il limite di velocità da rispettare è collocato a meno di 1 km dalla postazione di controllo; senza peraltro fare distinzione se la segnaletica in questione è diversa oppure è la ripetizione di una precedente identica.
Tanto per fare un esempio, se il limite da rispettare indicato su due cartelli consecutivi è lo stesso ed il secondo dista 900 metri dall’autovelox, la distanza minima di 1 km tra l’autovelox e la segnaletica deve essere calcolata a partire dal secondo cartello e non dal primo.
Inoltre, la Cassazione nel respingere il ricorso specifica che “l’obbligo di apporre il cartello con il limite di velocità, nonché l’avviso del controllo elettronico della velocità va ripetuto anche dopo ogni intersezione, a beneficio degli utenti della strada che provengono dalle altre direzioni e si immettono dalle parallele”. Se tutte queste prescrizioni non vengono rispettate, l’impugnazione della contravvenzione comporta l’annullamento del verbale e della sanzione.
ONERE DELLA PROVA
L’aspetto più problematico relativo all’annullamento della multa è rappresentato dal fatto che non basta dire che mancava il cartello o non era regolamentare per vincere e non pagare la sanzione, bisogna anche dimostrarlo Qualche sentenza di merito ha ritenuto legittimo il deposito di filmati realizzati percorrendo il tratto di strada in questione, in grado di dimostrare l’assenza di segnaletica o una segnaletica non regolamentare quanto a visibilità. Tuttavia, una sentenza della Cassazione del 2019 (Cass. n. 1661, del 22.01.2019) consente di “scaricare” l’onere della prova sull’ente notificatore. Se l’automobilista nell’impugnazione sostiene di non aver trovato alcun cartello prima dell’autovelox, dovrà essere l’amministrazione a dimostrarne il contrario e quindi la sua presenza e regolarità.