“Padroni della piazza”

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Testo

Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea (Mc 1,21–28).

Commento

Nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro.

Il potere di satana, che appare come potere dominante sul mondo e nell’esperienza dell’uomo, viene contrastato ora e spazzato via dall’irruzione di una nuova forza che si manifesta attraverso la persona di Gesù. La sinagoga indica uno spazio conteso tra il male (l’indemoniato) e il bene (Gesù). Con la venuta di Gesù sono presenti ormai all’interno del popolo ebreo due tipi di influenza, radicalmente separati tra di loro e incomunicabili. Nella persona dell’indemoniato si nascondono i padroni tradizionali della sinagoga che, nella fretta di salvaguardare la propria autorità nell’insegnamento, resistono alla valanga di messaggi liberatori di un tizio che, se fosse più sottomesso alle antiche leggi, potrebbe essere riconosciuto senza difficoltà come Messia.

Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?

Il male vero in questo contesto è la negazione della reciprocità, è l’appropriarsi degli spazi anche fisici di una religione che vieta ad altri, solo perché portatori di dottrine diverse, di potervi albergare. “Che c’entrate voi di religione islamica sulla piazza antistante il Duomo di Milano? Siete venuti a rovinarci?”. Questo dicevano certi cattolici solo qualche tempo fa. Può sembrare paradossale l’accostamento ma non lo è, se per interessi di parte noi cattolici come gli antichi scribi coltiviamo la presunzione di essere, in nome di un Gesù falsificato, “padroni” di una piazza. È su questo aspetto del problema che bisognerebbe riflettere ancora.

Io so chi tu sei: il santo di Dio!

In un confronto, in una lotta, chi conosce il nome e i titoli dell’avversario, esercita già un potere su di lui. Perciò lo spirito immondo pensa di svuotare il messaggio di Gesù, proclamandone spavaldamente il nome: “Io ti conosco, so chi tu sei, perciò sono più forte di te”. Un atto di fede può essere bestemmia, se alle parole che si pronunciano non corrispondono le sane intenzioni. La “verità” che non si offre a chi ha desiderio di credere, ma si impone, magari con le minacce dei roghi, è già di per sé frutto del maligno, anche se vestita di sacri paludamenti.

Lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte.

La realtà dello spirito immondo è profondamente inserita nella vita degli scribi e dei farisei, e non è un vestito che si può mettere o togliere facilmente. Perciò la liberazione è sofferta, richiede coraggio, produce strazio. Quando i cattolici pensano che le piazze antistanti le chiese sono sinagoghe di loro appartenenza, hanno bisogno di essere liberati, anche se lo scricchiolio di vecchie concezioni preannunciano la fatica di rinunce mai prima pensate.