Pienone per Paolo Mieli a “Velletri Libris”: dibattito sulle cause dei mali di oggi a partire dal saggio “Il secolo autoritario”
Nuovo sold out, e non è più una novità, al Chiostro della Casa delle Culture e della Musica, per la rassegna letteraria internazionale “Velletri Libris”, organizzata dalla Fondazione De Cultura e dalla Mondadori Bookstore Velletri-Lariano-Genzano-Cisterna-Frascati con il patrocinio di Ministero della Cultura, Regione Lazio, Città Metropolitana di Roma Capitale, Sistema Castelli Romani e Comune di Velletri. Domenica 21 luglio è tornato Paolo Mieli, già ospite in precedenti edizioni, per parlare del suo libro “Il secolo autoritario. Perché i buoni non vincono mai” edito da Rizzoli. Un saggio interessante e ristampato più volte, che cerca di dare una spiegazione concreta all’attualità sovvertendo alcune teorie semplicistiche e analizzando la storia da un punto di vista meno trionfalistico e più critico.
Prima dell’attesa presentazione il consueto spazio dedicato ai vini a cura di Massimo Morassut del Crea Viticoltura Enologia e il “Piccolo prologo in versi”, con Giulio Mazzali e Claudio Leoni, stavolta impegnati nella recitazione dei versi di Wisława Szymborska. Alle 21 in punto è arrivato il momento di Paolo Mieli, a cui hanno dato il benvenuto i librai Guido Ciarla e Aurora De Marzi, e con il quale ha dialogato Daniele Dibennardo.
“Per deformazione professionale”, ha esordito Mieli, “penso che non si possa essere un buono storico se non si è un buon giornalista, o comunque un buon osservatore della realtà. Ma sicuramente non si può essere un buon giornalista se si è digiuni di storia”. Il direttore ha così sciolto il prima enigma sul legame fra storia e informazione, un binomio che peraltro lui incarna perfettamente svolgendo entrambi i ruoli e prendendo in prestito le metodologie e le conoscenze di ciascuna professione.
A dover essere ripensata è proprio la concezione della storia: nel rispondere alle domande di Daniele Dibennardo, Paolo Mieli è entrato nel vivo della trattazione saggistica oggetto della presentazione esplicando il tipo di idea che sta alla base del lavoro di uno storico. “La storia è un problema. Non significa narrare le cose, raccontare dei fatti, ma è leggere, fare ricerche, soprattutto porsi interrogativi su quanto non è accaduto. Come sarebbero alcune situazioni, oggi, se le cose non fossero come ce le hanno raccontate?”, ha spiegato.
Un altro passaggio fondamentale riguarda l’approccio critico che il cittadino deve avere, sempre mantenendo il raziocinio: “torto o ragione non si dividono in maniera così netta. Questa abitudine di mettere tutto in discussione, a livello storico, poi, non può essere relativa solo al passato ma deve includere soprattutto il presente. Invece non c’è sempre il collegamento”. Fra i vari esempi Mieli ha citato quello dell’impero bizantino: “sono certo che molti di noi non hanno cognizione di cosa è stato l’Impero Bizantino, eppure è durato 1150 anni, e guarda caso in quei luoghi in cui si sviluppava oggi persiste una crisi mondiale, in Medio Oriente”. La geopolitica è un’arma fondamentale per comprendere le dinamiche storiche attuali, e spesso i mali di oggi affondano le radici in quelli di ieri, per cui resta dimostrata la teoria iniziale secondo la quale non può esserci uno slegamento. Il Novecento è stato archiviato come se fosse il secolo più duro e brutto della nostra storia, la caduta del Muro e i vari trattati hanno dato un’idea – beffarda – di aver rinunciato alle guerre. E invece quanto accaduto nei primi venti anni del Duemila dimostra esattamente l’opposto.
In chiusura Paolo Mieli ha tenuto un autentico appello alla conoscenza e alla cultura: “tante cose di cui non abbiamo risposte non compaiono nei manuali di storia. Ad esempio non ci si è data abbastanza una spiegazione dell’enorme risentimento verso l’Occidente, un risentimento che provoca condizioni difficili. Io penso che prima di sparare sia il caso di riaprire i libri, sempre. Vanno riempiti i vuoti storici, comprese le cause. Io cerco di farlo nel mio piccolo scrivendo libri, facendo televisione, ma se lo facessimo tutti riaprendo i problemi e cercando di capire perché le ricette del presente non funzionano e collegando il discorso al passato verrebbe fuori un’operazione culturale molto importante”, ha concluso.
Al termine della presentazione sono state numerose le domande dal pubblico, alle quali il direttore Mieli ha risposto con grande disponibilità allargando il dibattito e approfondendo alcuni temi trattati nella presentazione, come ad esempio l’anti-fascismo. Il Festival, ideato e realizzato dalla Mondadori Bookstore Velletri-Lariano-Genzano-Frascati-Cisterna e dalla Fondazione De Cultura e gode del patrocinio di Ministero della Cultura, Regione Lazio, Città Metropolitana di Roma Capitale, Comune di Velletri e Sistema Castelli Romani, in collaborazione con Fondarc, mette a segno un’altra serata vincente. Partner enogastronomici sono Casale della Regina e CREA Viticoltura-Enologia, che si occupano delle degustazioni con vini e prelibatezze culinarie, mentre i main sponsor per l’edizione 2024 sono Allianz FC Group 0001, Banca Popolare del Lazio, Clinica Madonna delle Grazie, e Class Auto. Per scoprire tutte le novità di “Velletri Libris 2024” sono attivi il sito ufficiale velletrilibris.it e i canali Social, sui quali saranno prontamente inseriti tutti gli aggiornamenti su ogni singola serata. Prossimi appuntamento martedì 23 luglio, con Ascanio Celestini, e venerdì 26 luglio, con Matteo Paolillo. L’ingresso, dalle ore 20, è come sempre libero.
FOTO DI ARTEMISIA MOLETTA