QUESITO Credo sia utile e interessante fare un articolo che spieghi in maniera accessibile la cosiddetta riforma Cartabia, entrata in vigore il 1° gennaio, con particolare riferimento alla improcedibilità se non si arriva alla sentenza di 1° grado entro due anni, alla sostanziale eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, e alla sostanziale depenalizzazione di alcuni reati.
Questa settimana rispondo ad un interessante quesito inviato in redazione.
Sulla riforma Cartabia è facile trovare su riviste giuridiche specialistiche online (Altalex, Filodiritto, per citare due riviste con le quali nel passato ho collaborato), approfondimenti e spiegazioni di giuristi, magistrati, avvocati e operatori del diritto che evidenziano sia gli aspetti positivi che quelli negativi. Su questo giornale, può essere utile spiegare, senza alcuna pretesa di approfondimento ma solo di breve sintesi, semplificando il linguaggio giuridico “in maniera accessibile” come richiesto, i punti critici segnalati. Senza dubbio, “la depenalizzazione di alcuni reati” per il previsto obbligo di querela, la facilitata possibilità di prescrizione dei reati e l’improcedibilità dell’azione penale per la decorrenza di tempi stabiliti, hanno suscitato molte polemiche destando apprensione.
PREMESSA
C’è da premettere che la riforma Cartabia, introdotta dalla Legge n. 134/2021, è mossa dall’esigenza di smaltire gli arretrati e velocizzare i tempi dei processi nei tre gradi di giudizio entro il 2026. Si tratta di precisi e ineludibili obiettivi del PNRR, concordati dal Governo con la Commissione Europea, condicio sine qua non per l’accesso ai fondi.
Dichiarazioni oppositive e aspre critiche vengono fatte alla riforma Cartabia soprattutto da molti avvocati e da diversi magistrati (in primis il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri) i quali sostengono che sono stati cancellati i processi anziché assegnare risorse adeguate agli uffici giudiziari a partire dal personale e dal numero di magistrati per sveltire le procedure.
Vediamo quali sono i punti problematici e se certe preoccupazioni sono fondate.
PERSEGUIBILITA' A QUERELA DEI REATI
Tra le varie norme introdotte molto discussa è quella che prevede l’estensione delle fattispecie di reati perseguibili solo se c’è la querela della persona offesa. Ciò vuol dire che le forze dell’ordine non potranno arrestare e le autorità giudiziarie non potranno processare se la vittima non presenta una denuncia. Questo avviene per reati gravi e detestabili come furto aggravato, lesioni personali, lesioni stradali gravi e gravissime, sequestro di persona non aggravato, violazione di domicilio, truffa, frode informatica, appropriazione indebita. In proposito, si è parlato di “querela-selezione”, perché si sarebbe introdotto un “filtro processuale” per depenalizzare di fatto reati per i quali la depenalizzazione tout court sarebbe stata una scelta troppo radicale e politicamente imbarazzante. Lo scopo giustificativo (sperato!) sarebbe quello di “incentivare le condotte riparatorie e risarcitorie”, per “favorire l’estinzione del reato” prima ancora della celebrazione del processo. Il rischio concreto è quello di impunità per reati di particolare gravità e allarme sociale. Per il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri la riforma Cartabia sarebbe proprio un “disastro”. I due esempi fatti nel corso di una intervista sui primi effetti della perseguibilità a querela di cui hanno dato notizia i giornali, possono far riflettere sulla situazione che si potrebbe venire a determinare. Tre presunti mafiosi a Palermo sequestrano, picchiano e minacciano una persona. Questa persona, ovviamente terrorizzata, non fa denuncia e se non fa denuncia non si può più procedere. A Jesolo un albergo è stato svaligiato, il proprietario non si trovava, era in ferie e i ladri pur sorpresi mentre rubavano non sono stati arrestati. Il senso di questa norma - denuncia Gratteri - è ridurre il numero dei processi, ma non si riducono così i tempi della giustizia. Aggiunge: così semplicemente non si fanno i processi.
In merito a questa forma di depenalizzazione di fatto, c’è una certa mobilitazione per introdurre dei correttivi del regime di procedibilità a querela al fine di “restituire effettività alla pena”.
CESSAZIONI PER DECORSO DEL TEMPO
Con la riforma Cartabia, sono stati introdotti due provvedimenti con “effetti estintivi legati al decorso del tempo”, definiti in qualche commento i due “orologi” della riforma. Si tratta della cessazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado e della improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. In parole più semplici, se non vengono rispettati i tempi fissati, il processo si estingue e, come si suol dire, buona notte ai suonatori! Nel senso che la situazione si considera definitivamente chiusa.
PRESCRIZIONE
Per capire che cosa cambia sulla prescrizione del reato, può essere utile ricordare che prima (con la riforma Bonafede c.d. legge Spazzacorrotti) dopo la sentenza di primo grado, la prescrizione rimaneva sospesa fino al passaggio in giudicato del provvedimento che definiva il processo. Con la riforma Cartabia, invece, è stata abrogata la disposizione della riforma Bonafede di sospensione della prescrizione e si è prevista la sua cessazione dopo la sentenza di primo grado, sia essa di condanna o di assoluzione. Nel contempo, si è introdotta nel nostro ordinamento la suddetta causa di improcedibilità legata al decorso del tempo.
IMPROCEDIBILITA'
Con il provvedimento che riguarda l’improcedibilità, sono stati previsti tempi fissi, dopo la sentenza di primo grado, per procedere e concludere (Appello e Cassazione), oltre i quali il processo si estingue. I tempi stabiliti sono pari a due anni che decorrono dal novantesimo giorno successivo alla scadenza dei termini di deposito della sentenza nel grado precedente per il giudizio di appello e un anno per il giudizio in Cassazione con identica decorrenza.
L’improcedibilità della riforma Cartabia ha lo scopo (condivisibile) di evitare il rischio che una volta intervenuta la sentenza di primo grado, l’imputato possa rimanere a lungo bloccato nei vari gradi successivi. Sta di fatto che la norma disegna un meccanismo estintivo legato al superamento dei tempi di definizione del giudizio di impugnazione, visto che comporta “l’improcedibilità dell’azione penale”. Dopo la condanna di primo grado, se la sentenza di appello (secondo grado) non viene emessa entro i due anni, la condanna di primo grado è come se non ci fosse stata. Secondo i critici sfavorevoli, la disciplina dell’improcedibilità costituisce una figura abnorme, senza precedenti che estingue il processo lasciando impunita la fattispecie illecita costituita dal reato. Come risposta al quesito, credo che possa bastare.
APPENDICE
Questo il quadro normativo brevemente delineato, evidenziando, invero, solamente i suoi punti critici. I nostri governanti-legislatori, per l’accelerazione della giustizia italiana, sembrerebbe non abbiano saputo fare di meglio che depenalizzare gravi reati per limitare i processi penali. Tutto questo anche per il fatto che abbiamo uffici giudiziari notoriamente non modernizzati, carenti di mezzi adeguati e personale, con arretrati da smaltire. In conclusione, è bene si sappia che se un malaugurato giorno un delinquente dovesse entrare in casa, commettendo dei gravi reati (violazione di domicilio, furto), sarebbe ingiusto scaricare la colpa sulla Polizia e sui Giudici, come si è soliti fare. La Polizia e i Giudici devono attenersi alle leggi e siamo arrivati al punto che se la Polizia dovesse trovare il ladro con il bottino in mano, non potrebbe arrestarlo senza una denuncia ed il giudice non potrebbe processarlo. In questo contesto, una domanda sorge spontanea: ma allora che senso ha cercare chi commette un reato? Il furto o altro delitto potrebbe rimanere impunito tanto più (paradossalmente!) se a commetterlo fosse un soggetto molto pericoloso, perché in quel caso, anche il cittadino dotato di senso civico eviterebbe di correre il rischio di denunciarlo. Basta questo per capire l’importanza della procedibilità d’ufficio per i reati di una certa gravità e quanto abbiamo perso.