Risarcimento danno esistenziale per ritardo treno: ma quando arriva?
Con una sentenza definita storica di cui hanno parlato molti giornali, la suprema Corte ha stabilito che, ricorrendo determinate condizioni, il ritardo del treno può costituire per i viaggiatori un “danno esistenziale” da risarcire. L’importanza di questa sentenza sta nel fatto che, per la prima volta, la Cassazione ha riconosciuto il danno esistenziale in una situazione di ritardo ferroviario.
Alla sentenza è stato dato molto rilievo e dai titoli di molti giornali sembrerebbe che quando un treno fa ritardo al viaggiatore va risarcito anche il danno esistenziale. Poi leggendo l’articolo ci si rende conto della particolarissima situazione che ha dato luogo al risarcimento.
A proposito di ritardo c’è da dire che un risarcimento la viaggiatrice lo avrebbe meritato anche per la lentezza della giustizia, visto che la decisione conclude una vicenda giudiziaria durata ben 11 anni.
DANNO ESISTENZIALE
Per dare un’idea di cosa stiamo parlando, in breve si può dire che si definisce “esistenziale” quel danno che pur non procurando una lesione alla integrità fisica, va ad incidere nella sfera relazionale della persona e su valori fondamentali dell’esistenza di un individuo. Non un danno alla salute in senso fisico ma un danno che causa un peggioramento della qualità della vita, per questo si considera arrecato all’esistenza.
Lo si è definito anche come “il danno alle attività realizzatrici della persona umana”, “lo sconvolgimento dell’agenda quotidiana”, “la rinuncia forzata ad occasioni felici”. In sostanza, un impedimento agli intrattenimenti e a quelle attività tipiche che realizzano la persona umana.
Per differenziarlo da altri danni non patrimoniali, mentre nel danno morale il risarcimento riguarda la sofferenza, lo stato psichico di angoscia; nel danno biologico viene risarcita la menomazione, medicalmente accertabile, dello stato psico-fisico della persona; il risarcimento del danno esistenziale, invece, riguarda la sfera di relazione del soggetto.
C’è tuttavia da considerare che non è neppure facile farselo riconoscere, perché secondo quanto stabilito in precedenza dalla stessa Cassazione, il danno esistenziale “va sempre provato e può essere liquidato solo in presenza di una radicale alterazione delle proprie abitudini di vita”. È stato pure precisato che “il danno esistenziale consiste non già nel mero “sconvolgimento dell’agenda” o nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, e in particolare da meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillità, bensì nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto, nello sconvolgimento dell’esistenza”. (Cass. civ. Sez. III, Ord., 29-01-2018, n. 2056)
IL CASO
Il fatto risale al 3 febbraio 2012, quando per una intensa nevicata la circolazione ferroviaria sulla tratta Roma – Cassino fu sospesa per una notte e un giorno intero ed un treno era rimasto isolato con i passeggeri nei vagoni senza alcuna forma di assistenza.
In relazione al disservizio occorso, una viaggiatrice chiamava in giudizio Trenitalia S.p.a., davanti al Giudice di pace di Cassino, per l’accertamento dell’inadempimento della medesima nella gestione del trasporto ferroviario passeggeri con conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò Trenitalia al pagamento della somma di cinque euro e venticinque centesimi a titolo di indennizzo da ritardo, e della somma di euro quattrocento a titolo di risarcimento del danno esistenziale. Avverso tale pronuncia, fu proposto appello al Tribunale di Cassino dove venne dedotta l’incompetenza del Giudice di pace e l’insussistenza del danno esistenziale liquidato.
Il Tribunale, respinse l’appello confermando la decisione del Giudice di pace richiamandone la motivazione “là dove ha constatato l’oggettività del ritardo di quasi ventiquattro ore e l’omissione di ogni adeguata assistenza”.
In aggiunta ha precisato “che i bollettini metereologici risultavano aver chiarito in misura sufficiente – al di là quindi delle pur possibili evoluzioni ulteriormente peggiorative – a dover indurre l’esercente il servizio di trasporto ferroviario, cui quello si era impegnato contrattualmente, a predisporre, con precauzionale diligenza, misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza”.
Si arriva dunque in Cassazione dove la società ricorrente Trenitalia sottolinea la non imputabilità dell’inadempimento delle “obbligazioni di assistenza ai passeggeri in caso di ritardo superiore ai sessanta minuti, a fronte dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione per evento fortuito a causa di forza maggiore”. In più, con il ricorso Trenitalia, fa un tentativo di scaricare la responsabilità sulla passeggera ipotizzando un “concorso colposo del creditore per essersi messo in viaggio nonostante le condizioni meteo”.
DECISIONE CASSAZIONE
La Corte di Cassazione, con Ordinanza, 9 ottobre 2023, n. 28244 ha pienamente confermato la condanna di Trenitalia a risarcire il danno esistenziale, chiarendo che “la tutela riparatoria del danno non patrimoniale, estesa a situazioni giuridiche soggettive di rango costituzionale lese senza condotte integranti reato, può nel caso essere avallata proprio perché ciò che sostanzialmente era stato allegato risponde alla tutela della libertà di autodeterminazione e di movimento che trova riconoscimento nella superiore normativa della Carta Costituzionale“.
Ad avviso dei giudici di Piazza Cavour, “il Tribunale, richiamando l’accertamento del giudice di prime cure, ha evidentemente quanto ragionevolmente ritenuto il travagliato viaggio di quasi ventiquattro ore continuative in defatiganti condizioni di carenza di cibo, necessario riscaldamento e possibilità di riposare, un’offesa effettivamente seria e grave all’individuabile e sopra rimarcato interesse protetto, tale da non tradursi in meri e frammentati disagi, fastidi, disappunti, ansie o altro tipo di generica insoddisfazione“.
Quanto al supposto “concorso colposo del creditore” (passeggera) per essersi messa in viaggio nonostante le condizioni meteo, prontamente rigettato. Secondo la suprema Corte, “la condotta che la creditrice della prestazione l’odierna ricorrente sostiene avrebbe dovuto nella specie mantenere, e cioè astenersi dal mettersi in viaggio, era in ogni caso inesigibile, in quanto le informazioni fornitele non erano tali da far prevedere che il tragitto non si sarebbe concluso in tempi ragionevoli”.
Inoltre la passeggera, nel corso del tragitto, “si sarebbe trovata nella necessità di fare fronte al reperimento di un luogo ove soggiornare esclusivamente a sue spese”.
Infine, la Cassazione, nel rigettare il ricorso di Trenitalia, sottolinea come “l’inammissibilità e la infondatezza delle censure proposte dimostra l’evidente pretestuosità del ricorso”.
Quanto alle spese, la Corte ha condannato Trenitalia al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, oltre alle spese forfettarie e al pagamento di euro 1.000 in favore della viaggiatrice.