Ultimo aggiornamento:  28 Luglio 2023

Se l’alunno cade per le scale non è sempre colpa della scuola”

Una studentessa mentre torna dal bagno verso l’aula cade dalle scale all’interno dell’istituto scolastico fratturandosi la tibia. Viene chiesto un risarcimento ma, per i giudici di merito, la caduta era avvenuta per una disattenzione dell’alunna. La Cassazione conferma che la scuola non ha colpa e non scatta il risarcimento, se non ci sono irregolarità come gradini usurati o scivolosi e non viene fornita la prova della pericolosità dei luoghi. La responsabilità dell’istituto scolastico può trovare fondamento solo nella dimostrazione della violazione dell’obbligo di vigilanza sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo. Il caso affrontato può essere illuminante sui vari aspetti della responsabilità dell'amministrazione scolastica.

Con una sintetica premessa sulla cosiddetta “responsabilità scolastica”, si può dire che con l’accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell'allievo, si instaura un vincolo contrattuale che comporta l'obbligo, da parte della scuola, di mettere in atto tutte le misure necessarie a impedire che gli studenti riportino dei danni. L’istituzione scolastica, ha quindi l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità di ogni alunno, per tutto il tempo in cui rimane all'interno dell’edificio scolastico o nelle sue collegate pertinenze, come ad esempio il cortile in cui gli studenti sono soliti fermarsi.  

Ai fini risarcitori, l’instaurarsi della responsabilità contrattuale comporta che in caso di danno subito da parte dell'alunno, il danneggiato deve solo provare di aver subito il danno durante l'orario scolastico, mentre l’Amministrazione per essere esonerata da responsabilità, deve dimostrare che il danno si è realizzato nonostante le cautele e la vigilanza adottate

Alla responsabilità contrattuale dell'amministrazione scolastica si affianca quella di natura extracontrattuale per fatti imputabili ai dipendenti, come l’omissione rispetto all'obbligo di vigilanza sugli alunni (ex artt. 2047 e 2048). 

In entrambi i casi, la responsabilità civile dell'amministrazione scolastica consegue a quella dei propri dipendenti, nel caso di inosservanza di specifici doveri d'ufficio.

IL CASO

Una studentessa dodicenne, uscita dall’aula per andare in bagno, tornando in classe, era caduta dalle scale, riportando la frattura della tibia.

I genitori, citavano in giudizio il Ministero dell’Istruzione e l’istituto scolastico, chiedevano il risarcimento dei danni, fondando la richiesta sulla “costante giurisprudenza” in ordine alla “natura contrattuale” del rapporto che viene a instaurarsi tra la famiglia e la scuola nel momento dell’affidamento del minore alla struttura scolastica.

Esaminando il caso specifico, il primo Giudice ha osservato che “la minore non soffriva di patologie che ne riducessero l’autonomia e la capacità di deambulazione”. In particolare, nessuno aveva sostenuto ad esempio che i gradini fossero usurati o scivolosi e non erano emerse “situazioni obiettive idonee ad agevolare il prodursi dell’evento dannoso”. Quindi la caduta era avvenuta per una disattenzione dell’alunna e poteva essere imputata “esclusivamente alla condotta disattenta della danneggiata”. Di conseguenza, proprio perché non erano state denunciate particolari condizioni di pericolosità dei luoghi, era da escludersi la violazione, da parte dell’istituto, del dovere di vigilanza.

La decisione del primo giudice è stata confermata dalla Corte d’appello e anche dalla Corte di Cassazione, che ha emesso la sentenza definitiva.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE

In genere, si ritiene che la scuola sia responsabile di qualsiasi incidente venga a verificarsi all’interno dell’istituto per “responsabilità oggettiva”.  In questo caso, la Corte di Cassazione, con un’ordinanza particolarmente significativa (n.15190 depositata il 30 maggio, 2023) ha pienamente condiviso quanto stabilito in sede d’appello nel senso che per stabilire una responsabilità della scuola è necessario individuare una colpa, non essendo ammissibile alcuna forma di responsabilità oggettiva (quella responsabilità che viene addebitata a prescindere del fatto che ci sia colpa o dolo).

Per i giudici della Cassazione, la Corte d'appello, “qualificata la responsabilità dell'amministrazione scolastica come responsabilità contrattuale, ha correttamente individuato la regola di riparto dell'onere della prova, in quanto ha ritenuto che gravasse sull'attrice l'onere di provare la fonte del suo credito e il danno”. Per ottenere il risarcimento, avrebbe dovuto “allegare l'inadempimento o l'inesatto adempimento dell'obbligazione di vigilanza gravante sulla convenuta”. Pure correttamente ha ritenuto che alla scuola, spettasse solo fornire “la prova, da offrirsi anche in via presuntiva, dell'esatto adempimento di tale obbligazione o della causa imprevedibile e inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione che ne forma oggetto”.  

Riporto integralmente il passaggio successivo, molto chiaro e comprensibile anche se un po' lungo: “da tale corretta ripartizione dell'onere probatorio, la Corte territoriale ha poi ritenuto che quello, gravante sull'amministrazione convenuta, di dimostrare il regolare adempimento dell'obbligo di sorveglianza degli alunni, potesse ritenersi assolto, nel caso concreto, in seguito all'emersione della circostanza che tanto le condizioni oggettive dello stato dei luoghi (non essendo stata evocata l'usura dei gradini o la loro scivolosità, né essendo stata dedotta la contemporanea presenza di più alunni) quanto le condizioni subiettive dell'allieva (dotata di sufficiente grado di sviluppo psico-motorio e di piena autonomia e capacità di deambulazione) ne rendevano inesigibile una sorveglianza continua nel tratto che separava l'aula di lezione dai bagni”

In definitiva il ricorso è stato rigettato. perché “se il debitore è tenuto a provare l'esatto adempimento della propria obbligazione, il creditore è però onerato di allegare l'inadempimento, cosicché, nella fattispecie, in presenza dell'accertamento che ‘non risultavano essere state invocate particolari condizioni di pericolosità dei luoghi’, deve escludersi che gravasse sull'amministrazione convenuta l'onere di dimostrare, nello specifico, l'assenza di tale pericolosità”.

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