Per la Cassazione, integrano il reato di stalking anche le comunicazioni moleste o minatorie dirette a persone legate da un “qualificato rapporto di vicinanza” alla effettiva destinataria. Occorre però, in questo caso, che lo stalker agisca nella “ragionevole convinzione” che la vittima ne venga informata. Si parla in queste situazioni di stalking indiretto o “molestie indirette” che, pur non essendo rivolte individualmente, vanno a gravare sulle abitudini di vita della perseguitata generando ansia e paura.
IL REATO DI STALKING
Il reato di stalking (traducibile dall’inglese in “fare la posta”) è stato introdotto nel 2009 per le evidenti difficolta a fronteggiare comportamenti di natura violenta e persecutoria con le disposizioni normative per fattispecie di minore gravità quali la molestia, le ingiurie e la violenza privata. è entrato a far parte dell'ordinamento penale italiano mediante il decreto legge n. 11/2009 (convertito dalla legge n. 38/2009) che ha introdotto all’articolo 612-bis del Codice penale, il reato di “atti persecutori”, il quale punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. La pena può essere aumentata fino alla metà se gli atti persecutori sono commessi dal coniuge legalmente separato o divorziato, o comunque da una persona che sia stata legata alla vittima da una relazione affettiva. La pena è aumentata anche quando gli atti persecutori siano commessi nei confronti di un minore, di una donna incinta o di una persona disabile, oppure quando il reato sia stato commesso con l‘uso di armi o da persona camuffata nell’aspetto.
IL CASO
Nel caso in esame, all’imputato veniva contestato il delitto di atti persecutori, sia per un intervento deplorevole sul sociale network Facebook che per “le insistenze oppressive esercitate dall’uomo sulla migliore amica della ragazza, mediante messaggi vocali e di testo su WhatsApp”. L’accusato di atti persecutori veniva assolto da tale imputazione in quanto la condotta contestata si sarebbe risolta in un unico atto, consistito nel mettere un like ad una foto postata sui social network dalla ragazza. Quindi il primo giudice non dava alcuna rilevanza ai messaggi molesti e intimidatori inviati all’amica Avverso tale pronuncia assolutoria veniva proposto ricorso per Cassazione dal difensore della parte civile.
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
I giudici di piazza Cavour, con la sentenza n. 31596, depositata il 24 agosto 2022, accolgono il ricorso osservando come la pronuncia impugnata fosse da censurare per non aver tenuto conto della consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui tra le condotte da considerarsi rilevanti ai sensi dell’art. 612-bis cod. pen., “occorre includere le molestie definite indirette”. Quindi, anche comunicazioni di carattere molesto o minatorio dirette a destinatari diversi dalla persona offesa. Infatti, nel reato di atti persecutori (stalking), per pacifica interpretazione giurisprudenziale, “può non esservi coincidenza tra soggetto passivo e destinatario materiale della condotta, in quanto lo stato di ansia, paura o timore, che integra la fattispecie, può essere indotto nel primo anche da comportamenti ai danni di terze persone, legate alla vittima da vincoli qualificati; occorre però, in questo caso, che l'autore del fatto agisca nella consapevolezza che la vittima certamente sarà posta a conoscenza della sua attività intrusiva e persecutoria, volta a condizionarne indirettamente le abitudini di vita, e occorre, ai fini della consumazione, che tale conoscenza condizionante si sia avuta”.
CONCLUSIONE
Si può essere condannati per il reato di stalking senza che vi sia coincidenza “tra soggetto passivo e destinatario della condotta criminosa”. Anche comportamenti di carattere molesto o minatorio nei confronti di terze persone, legate alla vittima da vincoli qualificati, possono indurre lo stato di ansia, paura o timore, che integra la fattispecie criminosa. Per pronunciare una sentenza di condanna il giudice deve accertare solo il verificarsi di tre condizioni:
- che lo stalker abbia agito nella consapevolezza che la vittima certamente sarebbe stata informata della sua attività molesta e persecutoria;
- che i soggetti legati alla vittima, l’abbiano messa a conoscenza delle attività moleste ed intrusive poste “indirettamente” nei suoi confronti;
- che le molestie indirette tramite terze persone abbiano condizionato le abitudini di vita creando lo stato di ansia, paura o timore, che integra la fattispecie del reato “atti persecutori”.