Una diversa Festa della Repubblica a Velletri

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Il primo maggio scorso l’inclemenza del tempo ha reso impossibile festeggiare pubblicamente la ricorrenza  della Festa del Lavoro sui nostri territori, ma il desiderio di non lasciare nel dimenticatoio una celebrazione altrimenti mancata e passata quasi in silenzio, ha fatto sì di proporre e poi realizzare l’abbinamento della Festa del Lavoro con la Festa della Repubblica. In ragione di ciò, nelle giornate di giovedì 1 e venerdì 2 giugno scorsi è stata organizzata una kermesse, presso il palazzetto dello sport “Palabandinelli” sito in Via Ariana, 8 a Velletri, con musiche eseguite da vari artisti e gruppi musicali, accompagnata da degustazione di specialità gastronomiche e momenti conviviali che hanno visto la partecipazione di diverse centinaia di persone, fra cui molti giovani, ma anche intere famiglie. Ho con piacere notato che fra i giovani presenti molti erano impegnati, o comunque interessati verso temi nel campo della politica e del sociale: essere intervenuti ad una manifestazione organizzata da altri giovani (diversi dei quali impegnati presso il Dopolavoro Ferroviario di Velletri) assumeva quindi un significato che andava ben oltre il mero divertimento.

Abbinare Festa del Lavoro e Festa della Repubblica ritengo sia stata non solo una bella idea originale, ma ha rappresentato un vero e proprio prezioso valore aggiunto alla ricorrenza del 2 giugno. Si è sempre teso a vedere la festa della nostra Repubblica come grande momento patriottico, infarcendola sempre di retorica: l’Inno di Mameli e lo stesso Tricolore sono stati spesso sbandierati come simboli di un orgoglio tronfio ed autocelebrativo; simboli svuotati del loro significato più profondo, quasi innalzati come segni di una sacralità costruita sul nulla e celebrata su effimeri altari di vuota retorica.
     Sono stato sempre convinto che la celebrazione di una qualsiasi ricorrenza di importanza nazionale per il nostro Paese non può considerarsi come fatto isolato, avulso da quel contesto storico e culturale in cui giuocano il proprio ruolo altre importanti ricorrenze. Esiste un filo conduttore che collega il primo maggio (Festa del Lavoro) con il 2 giugno (Festa della Repubblica), nonché con il 27 gennaio (Commemorazione a memoria delle vittime della Schoah e di tutti i martiri per mano nazifascista) ed il 25 aprile (Festa della Liberazione): questo filo conduttore è lo spirito stesso della nostra Repubblica, è quell’anima che si chiama Costituzione, è quell’insieme di valori che a partire dalla nostra stessa Carta Costituzionale ci deve far volgere lo sguardo anche verso la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, soprattutto in un mondo come quello attuale, che vede decine di conflitti in atto, che vede fame, ingiustizia sociale, migranti disperati, i quali, pur di sfuggire da miseria e guerre, sono persino disposti ad affrontare il rischio di una morte in lunghi cammini per terra ed in mare.

Celebrare in questo spirito la Festa della Repubblica significa quindi tener sempre presenti nel ricordo quei valori fondanti della nostra stessa società civile, quei valori democratici ed antifascisti ispirati a sentimenti di tolleranza, solidarietà e accoglienza; quei valori improntati al rifiuto della guerra e di ogni forma di militarismo, ispirati alla pace ed alla costruzione del dialogo e della giustizia sociale. Questi, quindi, devono essere i valori che devono animare qualsiasi cittadino sinceramente democratico: valori di giustizia, ma di giustizia vera, sana, autentica, perché, come anche asserito in tante occasioni dallo stesso Don Luigi Ciotti, che tanto ha lottato contro mafia ed ogni forma di criminalità organizzata, senza una autentica giustizia non vi può essere neanche legalità ed il rispetto della legge è negato in partenza.
Noi cittadini liberi, democratici ed antifascisti facciamo quindi di tutti questi valori le nostre armi, per combattere quella lotta quotidiana e continua fatta di impegno civile in difesa dei diritti, delle libertà democratiche e dell’ambiente: è una lotta combattuta sui banchi di scuola con le armi della conoscenza, dello studio e di una buona e seria pedagogia; è una lotta che passa negli Istituti di Istruzione, nelle biblioteche e nelle Università, perché è una lotta fatta di pensiero e di cultura; è una lotta che deve ritornare a far sentire la propria voce sui luoghi di lavoro, affinché venga recuperato quel patrimonio di valori fatto di coscienza di classe e di coscienza dei propri diritti.

Come membro dell’ANPI mi sento di affermare che non si deve mai smettere di essere partigiani: nuvole oscure all’orizzonte ve ne sono sempre ed il nuovo fascismo di oggi non si presenta più con manganello ed olio di ricino, ma è un fascismo fatto di colletti bianchi, poteri forti, corruzione, mafia, finanza, multinazionali, produttori e mercanti di armi. E come fra i nostri padri vi fu chi imbracciò un fucile per combattere il fascismo di ieri ed il suo carico di prepotenza e disumanità, così oggi noi siamo chiamati a vigilare ed opporci ad ogni forma di nuovo fascismo fatto di inganno, frode e sopraffazione. Ecco perché anche noi lo abbiamo celebrato il 2 giugno, la Festa della nostra Repubblica, ricordando però a tutti i nostalgici di ogni oscurantismo del passato che in noi troveranno sempre una strada sbarrata da una barricata ove si erge a chiare lettere il motto: ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Lucio Allegretti