Un’analisi del voto: la vittoria di Cascella, la sconfitta di Pocci e il futuro di Velletri

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In foto la festa a piazza del Comune.

È Ascanio Cascella l’uomo-copertina della rinascita del centrodestra a Velletri. Il giovane avvocato scelto dalla coalizione composta da FDI, Lega, FI e Difendere Velletri non tradisce le aspettative e pur partendo con un piccolo handicap, ovvero quello di essere uno “sconosciuto” sulla scena politica veliterna, si aggiudica il ballottaggio con il 53% distanziando il primo cittadino uscente Orlando Pocci.

In una campagna elettorale aspra, dove si è fatto spazio a volti nuovi e dove sono – consapevolmente – rimasti in disparte i “big”, tutto a destra ha funzionato. Chiara Ercoli, non candidata al Consiglio e designata vice-Sindaca, sempre al fianco del suo candidato. Paolo Felci, reduce da una candidatura cinque anni fa che ha pesato il 9%, capace di raggiungere con la sua lista il secondo posto in coalizione. La Lega trainata da mister Preferenze Andrea D’Agapiti e Forza Italia con Salvatore Ladaga e Lamberto Trivelloni a completare la truppa. Una truppa a cui si è aggiunto, sul gong finale, Fausto Servadio. Il già Sindaco di Velletri per dieci anni (con il centrosinistra) ha dato il suo appoggio sottoscrivendo un apparentamento basato su un accordo programmatico e sarà in Giunta insieme a Cascella. Lo ha fatto senza mai nascondere le sue origini e attirandosi critiche anche feroci che evidentemente non sono servite, pur con un elettorato – il suo – tendenzialmente di centrosinistra.

La prossima Giunta– senza avere dati ufficiali e restando nel campo delle ipotesi – sarà composta dallo stesso Servadio (o da un suo delegato) come Assessore, da Chiara Ercoli come vice-Sindaca e da altri esponenti delle varie liste che andranno a comporre il roster dei sette. Facile prevedere diversi esponenti di Fratelli d’Italia, con l’equilibrio delle quote rosa da rispettare e qualche nome già caldo.

La campagna elettorale del centrodestra è stata semplice e diretta: temi fondamentali sottoposti all’attenzione degli elettori sono stati sanità, commercio e centro storico, sfruttamento della filiera Governo-Regione-Comune. Forse un punto di svolta è stato l’annuncio della riapertura del reparto di Urologia, dato in diretta facebook da Giancarlo Righini e Ascanio Cascella a tre giorni dal ballottaggio. Un atto concreto, insieme al promesso ritorno del Punto Nascita, che ha probabilmente avuto un impatto decisivo sul voto di opinione e non solo. Sono arrivati in città tanti ministri e sottosegretari: la quantità ha fatto la differenza perché l’intento del centrodestra era quello di far passare un messaggio lineare per cui se Velletri chiama, Rocca dalla Regione o Salvini da Palazzo Chigi rispondono. Il “Paolo Colombo” e il “San Raffaele” adesso aspettano le risposte promesse, con la ricetta del centrodestra che si propone di fare esattamente l’opposto di quanto visto in questi ultimi anni.

E Fausto Servadio? Il peso dell’ex Sindaco a livello mediatico è stato importante. Se il primo cittadino che riporta il centrosinistra a vincere le elezioni e addirittura a rivincerle, dopo cinque anni, al primo turno e salva Velletri dal dissesto viene acclamato in piazza dal popolo di centrodestra scattano senz’altro tanti punti interrogativi nei cittadini. Servadio ha fatto pesare al massimo il suo 8,2% del primo turno, ritagliandosi il ruolo di ago della bilancia dopo essersi misurato con le urne ed esserne uscito con 2000 e più voti.

In questo tentativo di analisi a caldo il centrosinistra come esce? Sicuramente la sconfitta brucia tanto perchè è arrivata in maniera dignitosa ma era evitabilissima e in un clima generale che premia il centrodestra ciò assume contorni clamorosi. Il recupero, da parte di Orlando Pocci, c’è stato eccome. Il Sindaco uscente ha recuperato quasi 2300 voti rispetto al primo turno, riportando un incremento notevole. L’apparentamento con Romano Favetta – al netto delle critiche – in termini elettorali ha pagato. Forse non è stata una grande mossa, da parte di entrambi, schernirsi al primo turno ma in fondo la scelta di unione è parsa molto naturale visto che Favetta ha lavorato per quattro anni e dieci mesi al fianco di Pocci anche difendendolo – più di altri – in molti casi. E il ticket Pocci/Favetta ha consentito al primo cittadino uscente di scavallare quota 10.000 voti, limitando i danni e riequilibrando anche le forze in una coalizione che ha visto il PD tenere al 16% con le liste di supporto meno performanti del previsto (a parte Noi Domani che ha superato i 1000 voti, le altre si sono attestati sugli 800 attingendo ai consensi personali dei rispettivi nomi forti e il Movimento 5 Stelle che ha riportato un risultato deludente).

A Cascella è bastato incrementare il proprio bottino di circa 600 voti per portare a casa il 53% dei suffragi. L’astensione era un termometro importante per tutti, e probabilmente tutto a favore del centrodestra che ha potuto “gestire” il vantaggio e lanciare la volata finale con poche centinaia di voti in più rispetto a quindici giorni fa. In una “caciara generale” di accuse e contro accuse, non sono stati pochi i cittadini che definendosi schifati hanno preferito il mare o la montagna. Inoltre il fisiologico calo di sempre e la disaffezione ormai atavica hanno fatto il resto.

Se qualcosa è mancato al centrosinistra è probabilmente una chiarezza nella proposta politica. Orlando Pocci avrà commesso degli errori, ma aveva da parte sua due enormi certezze: lo stop amministrativo causato dalla pandemia e il riconoscimento di diversi milioni di euro legati ai fondi del PNRR. Non è riuscito, però, a mostrare una progettualità convincente rispetto ai propri avversari e la battaglia sull’Ospedale (e sulla sanità) è apparsa troppo impari (Punto Nascita, reparto urologia, peacemaker per la Cardiologia, etc) contro i 27 milioni per l’adeguamento sismico e strutturale. Nelle ultime due settimane, poi, si è voluto puntare esclusivamente sull’idea del padre buono e della brava persona, sull’ascolto del cittadino e sulla bontà d’animo. Doti che il Sindaco uscente senz’altro ha in sé, ma che forse non erano sufficienti – al netto del recupero numerico – per convincere scettici, elettorato disincantato, tendenti astensionisti e voto d’opinione a recarsi alle urne e dargli fiducia. Cinque anni fa il centrosinistra vinse con un accordo programmatico con Priori ma soprattutto sciorinando quanto fatto: Casa delle Culture, Teatro, Circonvallazione di S. Anatolia, rotonde varie, etc. Stavolta l’elenco delle opere fatte è stato troppo timido.

Insomma, nel centrosinistra la riflessione è d’obbligo perché in una tornata elettorale dove la destra ha vinto a mani basse ovunque e quasi sempre al primo turno (nella vicina Latina si è attestata al 70%) si è arrivati in svantaggio ma comunque in partita alla prima chiamata e non è mai sembrato esserci lo scatto decisivo per ribaltare la situazione. Non si sono alzati i toni, non si è entrati nel merito, non si è mai dato uno sprint decisivo.

Un ultimo punto di questa breve e incompleta analisi lo riserviamo alla mancanza di contenuti politici che ha reso il dibattito talvolta imbarazzante, a colpi di sfottò da stadio che hanno reso Velletri più simile all’Olimpico in occasione di Roma-Lazio che a una città da rilanciare dopo la crisi economica dovuta alla pandemia. Finché il tenore delle analisi politiche – di vincitori e vinti – sarà farcito di lessico calcistico da curva Sud, le speranze che la gente si riavvicini alla politica sono davvero poche. Forse questo favorisce gli amici degli amici e la gestione dei capannelli di voti, ma se i veliterni sono 60mila obiettivo di ogni amministrazione – a prescindere dai colori – deve essere il coinvolgimento quanto più ampio possibile di questi 60mila.

Vincitori e vinti dovranno quindi evitare di cadere in loop tossici di ripicche, caccia agli alibi e sconfessioni da tastiera e cercare di ricostruire, riaggregare e aumentare la partecipazione popolare da qui ai prossimi anni. In fondo questa è la politica, o no?