Velletri 2030 e la prima settimana STEM

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Recentemente il MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) ha annunciato la prima settimana STEM (Science, Tecnology, Engineering, Mathematics) per promuovere le discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche.
Dal sito del Ministero si legge: “Quando parliamo di futuro, innovazione e progresso parliamo di STEM. Abbiamo la necessità di figure professionali altamente specializzate e di incentivare sempre più le studentesse e gli studenti a scegliere queste discipline. Il Ministero ha messo in campo diverse misure sull’orientamento e un Piano lauree scientifiche per incrementare le iscrizioni, ridurre l’abbandono e favorire l’equilibrio di genere. Lavoriamo ogni giorno per fornire a chi studia tutti gli strumenti utili per coltivare la propria vocazione e il proprio talento. In questa settimana rinnoviamo l’impegno per spiegare che cosa significa, in quest’epoca di cambiamenti rapidi, una scelta STEM” (il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini). 

Il recente rapporto dell’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca) mostra con i numeri come il divario di genere nella scelta degli ambiti di studio sia rimasto praticamente immutato negli ultimi dieci anni, in particolare per le STEM siamo a 39,3% ragazze e 60,7 ragazzi. Dall’introduzione del Rapporto si legge: “Negli ultimi venti anni i sistemi di istruzione terziaria sono stati investiti da numerosi cambiamenti. In Italia, il numero di studenti, soprattutto donne, che hanno avuto accesso all’istruzione universitaria è aumentato in misura significativa ed ha messo in evidenza un nuovo fenomeno, quello del divario di genere nella scelta degli ambiti di studio. Nonostante i dati indichino una maggiore presenza femminile nell’istruzione universitaria, si evidenzia un divario di genere per quanto riguarda gli ambiti di studio scelti dalle donne, iscritte prevalentemente nelle aree artistiche, umanistiche e sociali, rispetto a quelli nei quali emergono essere prevalenti gli uomini, ossia le scienze ingegneristiche, tecnologiche e matematico-informatiche. Egualmente, si osserva un divario di genere rispetto all’accesso alle posizioni apicali nelle carriere accademiche dove le donne, pur osservando un incremento negli anni, restano in numero inferiore”.

In un bello articolo pubblicato recentemente da lavoce .info le ricercatrici Maria De Paola e Raffaella Ida Rumiti fanno una dotta analisi del contenuto del Rapporto ANVUR. Di seguito alcuni stralci. Nell’anno accademico 2011-2012 gli immatricolati nelle discipline STEM erano per il 60,7 per cento maschi e per il 39,3 per cento femmine e nel 2021-2022 si riscontrano le stesse identiche percentuali.  È evidente che con questi dati non ci siano da aspettarsi grandi passi in avanti nella parità economica tra uomini e donne nei prossimi anni. Le carriere STEM sono infatti associate a opportunità di lavoro ben remunerate e con buone possibilità di carriera. Ma perchè accade questo? E’ importante ricercare la causa. Per poter archiviare la questione come differenza di genere nelle preferenze dovremmo non solo avere evidenza che lo scarso interesse delle donne rispetto agli uomini per le scienze è dovuto a differenze biologiche, ma anche che la loro avversione verso questo settore di studio e lavoro è tale da indurle a sacrificare significativi guadagni sul mercato del lavoro.

Il rapporto tra lavoro e tecnologia è sempre stato complesso e ha sempre recato con sé parecchie contraddizioni: le proteste luddiste agli inizi del XIX secolo, in Inghilterra, ne sono la testimonianza. E’ interessante anche il rapporto tra tecnologia e territorio: quali opportunità può dare lo sviluppo tecnologico ai territori, soprattutto in quelle filiere nelle quali la produzione subisce processi di de-materializzazione, ovvero processi che mirano a ridurre l’uso di risorse materiali – ad esempio documenti – mediante l’uso di tecnologie digitali?

Tra i vari fattori che potrebbero contribuire al divario di genere nelle discipline STEM, si chiamano spesso in causa gli stereotipi.Gli stereotipi possono fare la loro parte, poiché genitori, insegnanti e gli altri soggetti che esercitano influenza sulle attitudini e sulle scelte degli studenti potrebbero, in maniera consapevole o inconsapevole, trasmettere visioni stereotipate sulle abilità di maschi e femmine nelle materie STEM. Diversi studi hanno mostrato come, nei Paesi con attitudini di genere meno tradizionali, i risultati ottenuti dalle donne in matematica tendano a essere migliori. Inoltre l’assenza di donne di successo nei campi STEM, per la ben nota segregazione verticale, può rafforzare lo stereotipo che le donne non siano adatte a queste aree.

Allora che fare? Considerando che la differenza di genere nell’ambito della matematica emerge già dalla scuola primaria, è importante che si intervenga già in questa fase e poi si prosegua con programmi di orientamento nei successivi cicli. Un approccio che interviene sui bambini e agli inizi del percorso scolastico ha anche più larga probabilità di incidere su eventuali stereotipi di genere che tendono a formarsi in età precoce.

Buona lettura del Rapporto ANVUR.

Sandro Bologna
Presidente Velletri2030