Avendo la fortuna d’attingere, scavalcando TV, stampa internazionale, e web, a fonti locali, posso riferire le ultime sul Mali delle ultime settimane. Quello stato, da circa due anni oggetto d’un felice putsch da parte di militari “apputinati” per via wagneriana, è stretto nel groviglio di tre forze organizzate, incompatibili fra loro, ma sincratiche nel perseguire, ognuna a modo proprio, una politica economico-militare il cui effetto collaterale è identico: l’affamamento.
Nei 43 anni dai quali ho monitorato questo aspetto di quel paese, mai più di oggi, perfino nella capitale Bamako, molti che, sia pur di poco, galleggiavano ancora, stanno cominciando ad affondare. La prima forza è quella della Francia, come punta di lancia dell’Unione europea.L’ atteggiamento distaccato, elusivo, assorto in vuoti sogni di “grandeur”, di Macron, come estraneo alla realtà di centinaia di migliaia di maliani residenti in Francia, costituenti una formidabile forza-lavoro ed un esercito di consumatori invidiabile, aveva generato da tempo una naturale ondata di sentimento antifrancese. Sullo slancio di essa s’era mosso il colpo di stato. Su un altro slancio s’era mossa l’Europa affiancandosi alla Francia macroniana, quello antiputiniano: sentito odore di Russia nel golpista colonnello Goità, compattazione immediata dei 26 stati contro il di lui regime, e via con le sanzioni, l’embargo, esattamente come se il povero Mali fosse la Russia stessa.Blocco di alcune voci di import, a volte anche come dono, specie nel settore sanitario, vergognosa campagna di spintonamento delle ONG per far loro lasciare il Mali, con conseguente strangolamento di progetti che, oltre a produrre benefici diretti, davano lavoro retribuito a moltissimi maliani, col risultato d’un’aumento dell’inflazione tale, per far solo un esempio, il prezzo dello zucchero è salito a quello dei nostri supermercati. Addirittura “embargo” dell’energia elettrica, grazie al collaborazionismo di stati africani gestenti le contrali idroelettriche sul Niger alimentanti la rete maliana: elettricità sospesa tutto il giorno, riattivata la notte, ma con catastrofe, tra l’altro, di tutta l’industria legata alla refrigerazione, quindi alla conservazione di latticini, carne, pesce, e perdita di migliaia di posti di lavoro.
La seconda forza è quella della Russia. Putin ha marcato inequivocabilmente il superamento del terzomondismo di matrice comunista, quello del regalo ai fratelli sfruttati, con un pragmatismo opposto: prima di tutto io mi prendo il vostro oro, in cambio, se volete stare dalla mia parte, vi do armi, istruttori, e come regalo ecco delle bandiere zariste. In quanto a roba da mangiare niente. Insomma, l’apporto formidabile di Putin all’affamamento, ove non bastasse la distruzione dei depositi granari ucraini, avviene come omissione di soccorso. Il suo solito modo di fare da furbo che si da la zappa sui piedi:pensa di saperci fare meglio degli americani, i quali, quando vennero in Italia, assicurarono un consenso di massa non solo entusiastico, ma inossidabile nel tempo, allo zio Sam, inondandoci di grano, cioccolata, carne in scatola (anche se ce le stanno ancora facendo pagare in vari modi).
La terza forza è quella, ancora molto attiva nel deserto, di quei gruppi di stragisti che, autoprofessandosi veri islamici, “jiadisti” cioè combattenti la guerra santa” incarnano l’esatto contrario del messaggio islamico.(Infatti nei testi sacri dell’Islam la “guerra santa” viene descritta come quella autodisciplina interiore così dura che da la forza, in momenti di carestia, di rinunciare all’acqua e al cibo per darli ad altri, anche “all’orfanello accolto presso di te”.)L’ultima loro trovata è quella di penetrare in armi in villaggi, con questo aut-aut: “O firmate un accordo per mettervi ai nostri ordini in tutto e per tutto, a cominciare dalle pratiche religiose, o vi bruciamo quel poco che coltivate nei vostri orti”.