Se la violazione del codice della strada è commessa da un minore di anni diciotto, la redazione del verbale di contestazione deve avvenire nei confronti dei genitori, in quanto “soggetti tenuti alla sorveglianza”. I genitori non rispondono a titolo di coobbligati in solido ma a titolo personale e diretto, come se fossero i trasgressori e come tali devono essere chiaramente indicati nel verbale. A ribadirlo è stata la Cassazione con l'ordinanza del 17 giugno 2022 n. 19619.
LA VICENDA
Un minore riceve la notifica di un verbale della polizia stradale con relativa sanzione per violazione del Codice della strada. Propone opposizione la madre del ragazzo fondandola sul fatto che, a fronte di un fatto commesso dal figlio minore, l’ufficio notificatore aveva indicato quale trasgressore quest'ultimo e non, invece, come avrebbe dovuto fare, i genitori esercenti la potestà. Il giudice di primo grado non ha accolto l’opposizione perché ha ritenuto valida la notifica fatta al figlio. La donna ha proposto appello ed il Tribunale lo ha respinto osservando che “la validità della contestazione, quale che sia la forma usata, dipende unicamente dalla sua idoneità a garantire l'esercizio del diritto di difesa al quale è preordinata, e solo tale accertata inidoneità può essere causa di nullità del verbale e della successiva ordinanza-ingiunzione”. Quindi, “l’indicazione quale trasgressore del figlio minore dell'appellante e non di quest'ultima non aveva cagionato alcuna violazione del diritto di difesa della stessa”. Anche perché era emerso attraverso l’esame degli scritti che il verbale di contestazione in questione era stato notificato anche all’appellante “in qualità di obbligata in solido in quanto esercente la potestà genitoriale sul figlio minore nonché trasgressore”. Nel ricorso in Cassazione la signora insiste sul fatto che il verbale di contestazione aveva indicato, quale trasgressore, il minore che effettivamente aveva commesso il fatto, tuttavia, i giudici di merito non avevano considerato che, in simili casi, il verbale dev’essere elevato nei confronti dei genitori i quali rispondono, non a titolo di coobbligati in solido ma a titolo personale e diretto, in qualità di trasgressori e come tali devono essere chiaramente indicati nel verbale.
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
La Cassazione accoglie il ricorso, condividendo la tesi difensiva della ricorrente anche perché corrisponde a principi fissati in precedenti sentenze della stessa suprema Corte, nel senso che la contestazione deve avvenire nei confronti dei soggetti tenuti alla sorveglianza con la redazione di apposito verbale a loro notificato. Per la suprema Corte, che ripropone principi già espressi, fermo restando “l’obbligo di redazione immediata del relativo verbale di accertamento, la contestazione della violazione deve avvenire nei confronti dei soggetti tenuti alla sorveglianza del minore, con la redazione di un apposito verbale di contestazione nei loro confronti nel quale deve essere enunciato il rapporto intercorrente con il minore che ne imponeva la sorveglianza al momento del fatto e la specifica attribuzione ad essi della responsabilità per illecito amministrativo (Cassazione n 17189/2009)”- La Corte specifica ancora che quando il fatto è commesso da un minore, i genitori “non rispondono a titolo di obbligati in solito ma, ove non dimostrino di non aver potuto impedire il fatto, a titolo personale e diretto in qualità di trasgressori e, come tali, devono essere chiaramente indicati nel verbale”. Inoltre, secondo un’altra decisione conforme dei giudici di legittimità “la sanzione va irrogata ai soggetti tenuti alla sorveglianza dell' incapace che rispondono a titolo personale e diretto per la trasgressione della norma, avendo omesso la vigilanza alla quale erano tenuti con la conseguenza che, in quest'ipotesi, fermo l'obbligo della reazione immediata del verbale di accertamento, la violazione deve essere contestata enunciando il rapporto intercorrente con il minore al momento del fatto che imponeva la specifica attribuzione ad essi della responsabilità per illecito amministrativo (Cassazione 26171/2013)”.
L’accoglimento del ricorso ha comportato la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio per un nuovo esame al Tribunale che, in differente composizione, dovrà provvedere anche sulle spese del giudizio di Cassazione. Quindi non è finita qui!
APPUNTO CRITICO
A conclusione della narrazione di questa vicenda, può non essere superfluo indicare menzionandolo un “metodo” applicato in altri Stati che eviterebbe il dilungarsi di vertenze del genere, consentendo alla giustizia di occuparsi di cose più importanti. I miei lettori abituali ricorderanno che ho più volte evidenziato l’assurdità del fatto che l’esigenza di rendere giustizia in tempi brevi, venga compromessa e ritardata soprattutto da vertenze di questo genere. In molti casi la Cassazione non può che limitarsi a respingere il ricorso e confermare. Quando, invece, la Cassazione accoglie il ricorso e annulla la sentenza (come in questo caso), un altro giudice di merito dovrà decidere definitivamente in base al principio da essa fissato. Qualcuno potrebbe obiettare che in questo caso per avere giustizia è stato necessario arrivare in Cassazione, ed è vero. Si è arrivati in Cassazione, ma se il primo giudice, o quello dell’appello, avessero deciso conformandosi alla “univoca” giurisprudenza di Cassazione, già intervenuta prima di quest’ultima sentenza, motivando la decisione in base ad essa, la vicenda sarebbe finita li. Come si potrebbe ovviare? Basterebbe una riforma del sistema giuridico nel senso che desse rilevanza e maggiore vincolatività ai precedenti giurisprudenziali, soprattutto se di legittimità e univoci (come in questo caso).
COMMON LAW
Il riferimento esiste ed è quello del metodo di origine britannica (Common law), adottato in vari Stati, dove la natura vincolante del precedente giurisprudenziale è espressa dalla massima latina stare decisis et non quieta movere, che tradotto vuol dire non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato. Metodo sorto in risposta all’esigenza di certezza del diritto e che vincola i giudici a conformarsi a pronunce già rese su fattispecie analoghe a quella trattata. Nel nostro sistema giuridico alcuni giudici prendono meritevolmente in considerazione e si adeguano ai precedenti orientamenti giurisprudenziali. Così ha fatto ad esempio il Giudice di Pace di Terracina (Sentenza 619/2019) che, facendo riferimento alla giurisprudenza della Cassazione (“varie sentenze tra le molte: n. 572/1999, n. 4286/2002”), non ha avuto dubbi sul fatto che la violazione del Codice della Strada commessa da un minore, dovesse essere contestata ai genitori in quanto “soggetti tenuti alla sua sorveglianza, considerati e chiaramente qualificati nel verbale come effettivi trasgressori in quanto, ai sensi dell'art. 2 della l. n. 689/81, hanno consentito o non hanno impedito al minore soggetto alla loro sorveglianza di violare una norma del codice della strada”. Onore al merito ai giudici che motivano le loro sentenze esaminando i precedenti, come quello di Terracina. Ottimo lavoro! Ma il principio codificato è quello che ogni giudice è libero di decidere nel caso concreto come meglio crede, senza dare importanza a ciò che è successo prima in fattispecie analoghe.