“Terra dove marcire”

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Mt 13,1-12.18-23

TESTO

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno….

Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

COMMENTO

“Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde…”.

Ai bambini di oggi, dovrebbe sembrare strano che un seminatore possa gettare indifferentemente il grano ora sui sassi, ora tra le spine, ora sulla strada: “che spreco inutile sarebbe!…”

Da bambino ho visto il gesto ampio del seminatore, e i terreni su cui gettava il seme erano piccoli appezzamenti dove crescevano spine in quantità, dove mucchi di sassi creavano isole bianche per lucertole freddolose, dove un albero  generoso offriva ombra e riposo ai buoi, stanchi di trascinare l’aratro.

Ai miei occhi il vecchio seminatore non appariva sprecone, anche se dal suo pugno sfuggivano chicchi di grano che inevitabilmente, rimbalzando sulle pietre, andavano a infilarsi nella poca, arida terra: non era possibile fare altrimenti. Solo in un secondo momento la punta lucida e martoriata dell’aratro avrebbe rotto le zolle, dove era possibile, ricoprendo amorevolmente il seme fortunato.

Anche  Dio potrebbe apparire sprecone. Infatti, se fosse più saggio,  farebbe cadere la Parola solo nei cuori dei “giusti”!… E invece?… Agli occhi del cristiano superficiale sfugge una verità essenziale: noi esseri umani siamo tutti potenzialmente “giusti”, perciò tutti capaci di  accogliere un messaggio che tra le caratteristiche essenziali contiene l’universalità.

Voi dunque intendete la parabola del seminatore…

Nell’animo del cristiano distratto è facile che  prolifichino considerazioni sceme che a lungo andare soffocano un qualsiasi sentimento di comprensione, alimentando così l’altro sentimento che sguazza nel mare magnum della superbia.

Non basta essere terra fertile solo per sé. Chi annuncia la buona novella è insieme seme e terra. È seme che, meditato, viene riproposto come esempio di vita alla vita di altri; è terra che, concimata, viene sparsa sui sassi aridi come tappeto fertile. Poi arriva l’aratro che scivola sotto le spine e le sradica per il fuoco.

Ai predicatori di oggi manca il coraggio di avere speranza.

Manca la pazienza di scansare i sassi.

Manca la forza  di premere il vomere perché spacchi in profondità l’indifferenza.

Manca la fiducia da accordare a chi sulla strada battuta sembra essere sordo alla voce di Dio.