Mt. 5, 20…37
TESTO
Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna…
Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: «Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti». Ma io vi dico: non giurate affatto… Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì», «No, no»; il di più viene dal Maligno.
COMMENTO
“…se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei…”.
La giustizia degli scribi e dei farisei attraversa la concretezza dei modelli umani e si conclude spesso in una condanna. La giustizia predicata da Gesù, al contrario, va oltre la legge scritta ed entra, rischiando incomprensioni, nella dimensione delle coscienze, le sole capaci di distinguere il bene dal male alla luce costante del nuovo comandamento: “Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”… (Gv 15,12).
L’amore che viene da Dio, nel tracciare lo schema delle responsabilità, va più in profondità e coglie tutto intero l’aspetto morale dell’operato umano, partendo dalla dignità della persona fino a raggiungere le infinite sfaccettature dell’uso che si fa del proprio essere liberi.
Oggi c’è ancora un “giudizio” per chi si adira? C’è ancora un “sinedrio” che minaccia “il fuoco della Geenna” per chi dice stupido al fratello? C’è ancora nell’ambito di casa cattolica la giustizia degli scribi e dei farisei?… Se, sì, si è ben lontani dall’amore che agisce come correzione fraterna in una comunità che desidera essere Chiesa.
“Non commetterai adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla…”.
Ho un debole per le donne e come uomo e come prete, e non ho mai trovato motivo di contrasto tra le due postazioni, anche se sempre l’una ha prevalso sull’altra, come accadde a Gesù con le maddalene…
Avere un debole per le donne significa prediligerle, e prediligere una persona significa renderla “beata”, farla oggetto di rispetto, lasciare che venga coinvolta nel confronto, permettere che stabilisca con l’altro un rapporto paritario, tanto da averne come risultato il riconoscimento delle diversità, che saranno poi a loro volta motivo di crescita reciproca.
La dignità della donna!… Quante parole, quanti bei discorsi, allorché ci si accinge a decretare con legge il come, il quando e il chi questa dovrebbe salvaguardare. E se fosse la stessa donna a sottovalutare o a svendere per necessità di cose questo suo bene? Può l’uomo, specie se danaroso, comprare impunemente ciò che il mercato gli offre? Può l’uomo potente e prepotente barattare con le sue risorse quel “bendiddio” che, affamato di soldi, di successo, di carriera, di coccole, gli si getta servizievole ai piedi?
A nostra insaputa Gesù ha raggiunto lo scopo: dopo 2000 anni di vangelo, finalmente, sembra che nei rapporti tra uomo e donna sia stata fatta giustizia. Ora c’è il solo rischio che le posizioni di dominio possano essere capovolte.